imo piatti

Oggi prendo spunto da uno scambio avuto con un amico circa l’utilità della ‘bastonatura’ quando si recensisce. Dal suo punto di vista tirare dei piatti in faccia serve. Serve perché in questo modo si aiuta a migliorare. In seconda battuta serve perché come ‘ente’ fa acquisire maggiore autorevolezza. Concordo a metà. Ossia, vero che la critica serve, ma deve sempre essere un discorso costruttivo. Il piatto in faccia, l’essere ‘spietati’, inarrestabili e intransigenti, dal mio punto di vista non è costruttivo. Partiamo dal presupposto che non tutto ciò che viene prodotto ha la stessa valenza e qualità.

Ora, personalmente credo dipenda dal singolo gruppo, per non dire dal singolo elemento, essere disposto a crescere. Mi è capitato più e più volte di aver evidenziato aspetti migliorabili di un disco e di essere stato tacciato come incompetente, saccente, e altri epiteti che non sto a ripetere. Ora, perché dovrei farmi il sangue amaro con e per persone che voglia di crescere non ne hanno? Per questo tendo a recensire solo ed esclusivamente ciò che mi convince. Anche in questo caso, però, ci sono i distinguo.

C’è chi mi convince ma con riserva e chi invece lo fa completamente. E questo viene detto. La fortuna è che quando metto in luce le riserve, fino ad ora, le band hanno sempre capito il senso. Hanno sempre compreso che le ‘critiche’ erano costruttive. Se invece io avessi demolito, tirato i piatti in faccia, che crescita avrei ottenuto? O è un discorso del tipo: solo i più forti sopravvivono? Non può essere così.

Anche perché chi parlerà bene di un disco che qualcun altro ha criticato, ci sarà sempre. Ma anche semplicemente per gusti personali. A me piace il thrash e quindi tutto ciò che è thrash va bene. Mentre distruggo tutto quello che è hardrock. Chi piacerà l’hardrock farà il contrario. Risultato? Nessuna crescita. Nessun miglioramento. C’è poi da dire, anche, che i recensori dovrebbero avere presente che il loro è solo un punto di vista. Le chiavi di lettura di un disco sono diverse e non sempre tutte a disposizione.

Esistono delle oggettività, questo è certo. Riguardano il livello tecnico in relazione al genere, non livello tecnico in generale. Un gruppo punk potrà non avere il livello tecnico di una band prog ma essere bravissimo nel genere che propone. La capacità di scrivere e raccontare. Musica e testi devono andare assieme. Anche a livello ‘emotivo’. La musica costruisce ambienti all’interno dei quali si muovono, quando ci sono, le parole.

Ancora un altro aspetto oggettivo è la derivatività o meno della proposta. Che si inizia a suonare volendo assomigliare a qualcuno, ci sta. Tutti abbiamo dei riferimenti. Il punto è che quando voglio offrire al pubblico qualcosa di mio, meglio se i miei idoli li lascio perdere. Diversamente sarei solo una copia. In questo argomento se ne insinua un altro. Ossia il genere scelto. Inutile nascondersi dietro un dito. La maggior parte dei generi musicali, tutti a dire il vero, nessuno escluso, seguono uno schema.

Ora, che lo si voglia o meno, per suonare in un certo modo devo seguire quel preciso schema. O, perlomeno, una volta era così. Se devio, creo qualcosa di diverso. Ed ecco una oggettiva difficoltà del recensire band di recente costituzione. La quasi totale impossibilità di poterle ‘incasellare’ in un unico filone stilistico. Il bello è che avviene per la maggior parte dei dischi. Messo assieme tutto ciò resta il gusto personale che, all’interno di una recensione, dovrebbe essere ininfluente.

C’è qualcuno che utilizza l’evoluzione di un genere come criterio principe per decidere se un disco è valido o meno. Ahino sono davvero pochi i dischi innovativi. Cosa facciamo, distruggiamo il 90% della musica contemporanea perché non innova? Non concordo. Le perle rare arrivano e si distinguono dal resto in ogni caso. Si deve poi sottolineare che sono perle rare per qualcuno, non pe tutti. Ovvio che se questo qualcuno è uno che smuove milioni di persone allora quel disco sarà più innovativo di un altro.

Ma qui si torna all’origine. Ossia, un disco è innovativo perché lo dice qualcun altro, perché vende più degli altri, o perché lo è e basta? Sappiamo che la notorietà non è sinonimo di qualità. Non è quindi meglio, invece di tirare piatti in faccia, fare una scrematura di base ed essere oggettivi?

I recensori non sono i giudici del mondo. Non hanno la verità in tasca. Esprimono punti di vista. Quello che li dovrebbe differenziare è la capacità argomentativa, non l’autorità. Meglio essere rispettati che temuti. Se sono temuto, quello che dico non lascia nessun segno. Tanto non gli piace nessuno, sarebbe il commento. Il rispetto invece è un fortissimo motivante. Ma il rispetto lo si deve conquistare e pretendere. E non credo lo si possa fare a suon di piatti in faccia.

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