IMO

Una aspetto che tante volte, per lo più, a dire il vero, non si tiene in giusta considerazione quando si parla degli artisti nostrani, è il paragone. Intendiamoci subito. Non sto parlando del classico, è meglio o peggio di. Anzi. Sto parlando del: mi ricordano i… Ecco, questo ‘mi ricordano’ è spesso visto in maniera errata. Ovvio, quando si tratta di plagio, nulla da eccepire. Ma quando invece è un richiamo per capacità, sonorità, intenzione, be, è un altro paio di maniche.

Rendiamoci conto che per accostare, forse è meglio di paragonare, la band x al gruppo y mainstream, non è cosa da poco. Insomma, riuscire ad utilizzare la tecnica di un gruppo che magari è sulla scena da decenni, farla propria e creare nuove trame, non è banale. Personalmente cerco sempre di dividere in due le band di questo tipo. Quelle che copiano spudoratamente, e quelle che si ispirano, ma riescono a conservare un proprio carattere.

Al di là del fatto in sé, ribadisco, riuscire ad eguagliare la tecnica di chi non fa altro nella vita, non è semplice. Già questo dovrebbe dare la tara delle capacità di un gruppo. Non stancherà mai il ripeterlo. Un conto è la derivatività, un altro l’ispirazione. Mi metto nei panni del gruppo xy. La recensione dice che non c’è nulla di nuovo perché suonano come il primo disco di pincopallino.

Ok, ma rendiamoci conto della correlazione. Si sta dicendo che la band di quartiere z suona come un gruppo non solo professionista, ma storico. Tanto di cappello. Il disco non aggiunge e non toglie nulla al panorama musica mondiale? Che problema c’è. Noi ascoltiamo moltissime band straniere che ricordano qualcun altro e le osanniamo proprio per questo. Ricordo ancora benissimo la prima volta che mi capitò di ascoltare Greta van fleet e gli Editors.

La mia reazione fu si repulsione. Che senso aveva suonare come qualcun altro? Il senso del marketing. È stato il solo modo per farsi notare. E io che dicevo di preferire infinitamente i Der Noir agli Editors e qualsiasi altro gruppo nostrano di hard rock. E non erano una decisione campata per aria. Le band underground avevano capito molto bene e molto prima come funzionano certe cose. Il problema è la condivisione. Se non si condivide la musica che si crea e che si ascolta, come può un estraneo essere attratto da quello che faccio.

Ecco che entra in gioco il marketing con la sue stupide regole sui social, che non servono a niente, che è inutile perdere tempo. E via sciorinando. Le band sopracitate, tuttavia, si sono accollate un altissimo rischio. E se fosse andata male? Sappiamo tutti come sia facile conquistare un pubblico, un attimo ci vuole a farsi odiare. I nostri lo hanno sempre saputo e si sono regolati di conseguenza. Quello di cui abbiamo timore è scoprire che possiamo divertirci e stare bene anche senza nulla di programmato e imposto. E si torna all’origine.

Se sentissi parlare di un gruppo che suona materiale originale ispirandosi agli Iron Maiden, non esiterei, andrei. Più he altro per la compagnia. Almeno così dovrebbe essere. Invece ogni sera si cerca qualcosa di sicuro. Eppure questo qualcosa di sicuro, lo abbiamo già. Si chiama underground ed è strapieno di tesori. Basta solo avere la voglia di osare, lo stesso passo che ha dato i natali alle tue band perfette.

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