mind control

Quando si parla di influenze eterogenee e di mix di generi, probabilmente inconsciamente ci si riferisce ai Mind Control. Il loro ultimo Elements è impressionante. Questo è il solo aggettivo che può descrivere il disco. La band è preparatissima tecnicamente e si sente ad ogni solco. Questo gli permette di spaziare liberamente tra mille generi diversi. Loro tratto peculiare, tuttavia, è ave unito la furia del death metal al prog. In questo modo il gruppo ha rotto i confini di entrambe gli stili per crearne uno proprio.

All’interno delle canzoni c’è davvero di tutto. Dalle sfuriate tipiche del death a passaggi repentini al jazz (in Jinger style). Inevitabile lode va alla voce di Stefania Salladini capace di passare da potentissimi growl a momenti melodici ora jazz ora più poppeggianti. Davvero notevole. Il resto della band non è certo da meno. I cambi improvvisi, i cambi di atmosfera si susseguono in modo affastellante, quasi senza dare respiro.

Il che, nel suo essere stimolante, rende l’assimilazione del disco piuttosto ostica anche dopo ripetuti ascolti. Non si finisce mai di scoprire passaggi nuovi precedentemente passati inosservati. Un disco che non annoia, questo è certo. Farne una descrizione diventa difficile. All’interno delle stessa canzone sono talmente tante le tecniche utilizzate, talmente tanti i cambi che servirebbero pagine e pagine. Idem per per il tentativo di definire un’atmosfera dominante.

Ogni brano fa storia a sé. Ottima la produzione che è riuscita a rendere nel migliore dei modi questo mare in tempesta. Operazione non semplice considerando i suoni differenti utilizzati. Frammentando le composizioni possiamo trovare nel loro dipanarsi ambienti completamente diversi. Gli strumenti, così come la voce, non stanno mai fermi. Macinano in continuazione note su note, ritmiche su ritmiche.

Controtempi, poliritmia, tempi dispari si susseguono come il vento in un uragano. Da cavalcate metalliche super complesse si passa improvvisamente a momenti di calma apparente. I nostri non disdegnano neppure l’utilizzo di suoni elettronici. Il tutto al servizio di una narrazione intensa e variegata. Viene da sé che in un contesto di tal fatta la durata di ogni singolo brano non può essere breve.

Interessante e azzeccata la scelta di limitare le alte velocità lasciando spazio a mid tempo. In questo modo l’ascoltatore ha la possibilità di poter capire bene cosa sta accadendo. Uno sforzo davvero notevole da parte di tuta la band. Menzioni vanno a tutti. Dal batterista, una vera macchina da guerra, al chitarrista, che passa da a solo shrade a passi gilmouriani, per finire con il bassista che riesce a creare linee indipendenti dal canonico accompagnamento.

Insomma un disco davvero super. In tutta questa ‘perfezione’, all’ennesimo ascolto ancora insoddisfacente, cresce un dubbio, una domanda. Era davvero necessario mettere tutto questo materiale all’interno di un solo disco? A ben considerare la quantità di riff, passaggi, la lunghezza dei brani, di dischi ne sarebbero potuti uscire serenamente due, se non tre. Tutto questo marasma di informazioni, giova davvero alle composizioni? O non ne rende la fruizione un po’ manieristica?

La sensazione che si ha arrivati in fondo, compito davvero difficile con un solo ascolto, è quella di aver assistito ad uno spettacolo barocco. Bello, bellissimo, avvincente, ma fine a se stesso. Le capacità tecniche del gruppo non possono mai essere messe in discussione, neppure per un millisecondo. Sono talmente evidenti nella costruzione dei brani, che ribadirle appare superfluo. Quindi, perché? Che cosa ha guidato la band ad addentrarsi in un labirinto così intricato? Il rischio è che il messaggio, la bellezza dei brani, si perda in mille rivoli, dettagli, sfaccettature che non permettono di tenere ferma una visione di insieme.

Concludendo. Dire che il disco dei Mind Control è notevole, è persino riduttivo. È oltre. Ma proprio questo suo essere oltre può diventare il suo punto debole. È un lavoro consigliato a chi non solo è avvezzo a determinate strutture complesse, suoni decisi, passaggi repentini. Ma è anche interessato allo studio di un determinato strumento. Magari è un limite personale. Forse il realtà i Mind Control hanno aperto una frontiera musicale. Tuttavia trovo davvero difficile che un non addetto al genere possa apprezzare fino in fondo il disco. Allo stesso modo, anche per gli addetti, arrivare a capirlo fino in fondo non è cosa semplice. ‘Semplicità’ non vuol dire necessariamente banalità. Così come complicatezza non è sinonimo di qualità intrinseca.

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