underground

Dopo tanti articoli di analisi e di ‘critica’ verso il nostro variegato e amato mondo, arriva una spontanea quanto doverosa dichiarazione d’amore. Questa nasce, come sempre, da pensieri e considerazioni. La prima è definire cosa è per me l’underground. Ho detto che salverà la musica, che è un mondo, un universo infinito e in continua espansione. Condivido la sua definizione accademica. Resta, tuttavia, una domanda: che cos’è davvero? Cioè, nel profondo, cosa penso sia? Per me è vita. O, quantomeno, una metafora della stessa. È la dimostrazione vera che oltre il quotidiano c’è molto di più. La prova provata di come l’uomo non possa vivere di banalità o di ciò che la società pretende.

È il luogo dell’anima dove tutto è possibile. Dove incontri persone che, al di là della differenza dei gusti, la vedono nello stesso modo. Ovviamente non si parla di pensiero unico. Tutt’altro. Stiamo parlando di medesima visione della vita. Uno sguardo che va oltre. Oltre tutti. Che attraversa momenti difficili, difficoltà di ogni tipo, giorni neri, periodi duri. Tutto rimane fuori dalla porta d’ingresso. Della sala prove, della camera dove ascoltiamo musica, dello studiolo, dell’angolo appositamente ritagliato. È come se ci fosse una barriera, un filtro.

Un Gandalf che impone il mitico ‘tu non puoi passare’ a tutte le brutture della giornata. Quel centimetro quadrato di cui parla Moore in V per Vendetta. Uno spazio all’apparenza minuscolo ma che nasconde dentro sé un mondo infinito. Quel luogo dove non ci sono o, non ci dovrebbero essere, giudizi, prese di posizione preconcette. Dove tutti siamo uguali, nessuno è migliore di un altro. Il posto in cui tutti hanno qualcosa da dire e moltissimi sono interessati ad ascoltare. Un’alba dai mille colori che sono le canzoni, i pensieri, le voci del popolo underground. Espressioni di ciò che scorre e avviene dentro, nel profondo.

Underground è ricerca. Ricerca di risposte. Fame di domande. Scoprire nuovi artisti non è un semplice ascoltare, leggere, osservare. È vedere i propri sentimenti più nascosti, le proprie paure, debolezze, timori, trasformati in musica, testi, libri, poesie, quadri, fotografie. È passeggiare tra i vicoli di una città sconosciuta sentendosi stranamente a casa. Percepire una canzone venire da un vicolo, soffermarsi per goderne la melodia o il ritmo serrato. Passare oltre cantandone uno stralcio, una frase, un ritornello.

Sentire che quelle note ci si sono attaccate addosso perché facevano già parte di noi. Underground è quel luogo dove non conta dimostrare. Secondario è il mezzo. Quello che fa la differenza è il risultato. È quel posto in cui con una supercar o un trabiccolo a tre ruote in ogni caso si arriva a destinazione. E a nessuno importa, o, almeno, dovrebbe importare, con quale mezzo sono arrivato. Underground è la metafora della vita stessa.

Così come non mi arrendo per scrivere la mia musica, farla conoscere, allo stesso modo non mi posso arrendere alle difficoltà del quotidiano. Un po’ una regola di Nereo Rossi applicata alla musica e alle arti. Come nei panni di artista, così nella vita. Quindi se sono una persona arrendevole nel vissuto di tutti i giorni, lo sarò anche nei panni di musicista. O magari no. Magari i miei compagni di band mi daranno la spinta necessaria per superare tutto. Sia dentro sia fuori il mio centimetro quadrato. Questo perché l’underground non è un mondo nel mondo. Fa parte del medesimo universo. La differenza è data dalle priorità. Nell’underground conta più l’uomo. O dovrebbe. Fuori, altre cose.

Trovare il giusto equilibrio tra le parti è forse il compito più difficile. Evitare di vivere di sogni come bypassare l’aridità quotidiana. E non esistono formule universali per farlo. Ognuno deve trovare la propria. In teoria vita quotidiana e underground non si dovrebbero escludere a vicenda. Non sono olio e acqua. Sono acqua e zucchero. Uno dei due, ognuno decide quale, dà sapore all’altro. Dipende da noi cosa è l’acqua e cose è zucchero. Underground è dove ognuno può entrare spoglio di orpelli e suppellettili se non il proprio pensiero, il proprio sentire, la propria sensibilità.

Soprattutto senza questa non si riuscirà ad apprezzarne la bellezza, le potenzialità. Viene da sé che non è un mondo incontaminato. In ogni caso è popolato da uomini con limiti, brutture, meschinità. Ma forse fanno meno male. O magari, da innamorato di questo mondo, i difetti sono marginali. Non ne pregiudicano il fascino complessivo. Ma non siamo adolescenti. Non abbiamo le farfalle nello stomaco. Siamo adulti. Consapevoli. Siamo nella fase, per dirla come Alberoni, in cui l’innamoramento diventa amore. Come in tutti i rapporti, si deve trovare il modo per tenere accesa la fiamma, al di là di tutto e tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *