Unscarred

Band dalla lunghissima carriera, i milanesi Unscarred suoneranno al Coop Metal Beer il prossimo 8 luglio. Fautori di un thrash metal ‘classico’ i nostri hanno attraversato decenni, mode, crisi di settore, cambio generazionale, senza mai cedere di un passo. Dopo 3 ep si accingono a pubblicare il loro primo full lenght. In questa intervista si raccontano, spiegano cosa vuol dire per loro suonare dal vivo, il significato di underground, la sua malattia e la relativa cura. Una chiacchierata ricca di interessanti spunti di riflessione. Tutta da leggere.

Una presentazione per chi non vi conosce
Ciao, siamo gli Unscarred. Siamo Luca (chitarra), Daniele (batteria), Andrea (voce), Matteo (basso) e Fabio (chitarra). Siamo attivi dal 1994 e suoniamo thrash metal. Nel corso di questi anni abbiamo pubblicato tre EP e ci accingiamo a pubblicare un album per il nostro trentesimo anniversario. Sempre tutto, rigorosamente, autoprodotto.

Entriamo subito nel merito dell’intervista: per qualcuno la musica live sta morendo. Cosa ne pensate?
Non crediamo che la musica live stia morendo, soprattutto per band di importanza globale che al giorno d’oggi basano molti dei loro guadagni sull’attività live.
C’è poi una vasta fascia di mezzo che purtroppo si trova sempre più spesso costretta a cancellare date o interi tour per il pessimo rapporto tra costi e guadagni.
Per quanto riguarda la scena underground la situazione è complessa, specialmente per chi cerca di affermarsi con la propria musica. I locali prediligono chi porta guadagni e spesso si tratta di tribute e cover band.
Fortunatamente esistono festival estivi (come il COOP Metal Beer e il Grave Party, finché è durato) che ancora danno spazio a band underground.

Che cosa vuol dire per voi suonare dal vivo?
La pensiamo come i Darkthrone: suonare dal vivo è da poser! Scherzi a parte, esibirsi è il compimento del fare musica, qualsiasi genere si proponga. C’è il rapporto con chi ti ascolta dal vivo, c’è l’adrenalina che scorre… Per noi questa data sarà particolarmente significativa perché ritorniamo su un palco dopo quasi 4 anni. Un lungo stop dovuto a un mix di pandemia e infortuni vari.

Perché avete deciso di prendere parte ad un festival?
Pensiamo che per noi sia la dimensione ideale. Partecipare ai festival ci permette di conoscere nuove band e persone. Ci aiuta inoltre a ritrovare vecchi amici. Il COOP in particolare ci permette di “giocare in casa”.

Secondo la vostra esperienza, come è cambiato il pubblico?
Un po’ meno partecipazione e concentrazione, un po’ troppi smartphone mentre si guardano i concerti…

Vedete un cambio generazionale?
È difficile rispondere a questa domanda. Certa musica invecchia con il suo pubblico, altra musica sembra fatta solo per i più giovani. Ciò non esclude che i “veterani” siano interessati a nuove sonorità o che i più giovani siano interessati a scoprire sonorità e generi più “datati”.

La difficoltà maggiore del suonare dal vivo?
Restare ragionevolmente sobri fino al momento di salire sul palco. Parlando più seriamente, sono pochi i locali che sponsorizzano un genere come il nostro e, come detto in precedenza, spesso si prediligono tribute e cover band.

Cosa manca ai concerti, pubblicità, supporto del pubblico o cosa?
L’era digitale permette di avere una buona copertura pubblicitaria per qualsiasi evento. D’altro canto gli stessi strumenti possono portare a una sovra esposizione degli utenti a tantissimi eventi e a volte questo porta ad ignorarne alcuni o la maggior parte. Di conseguenza la risposta del pubblico ne risente.

Una band per cui vi piacerebbe aprire?
Overkill

Una che vorreste aprisse per voi?
Di solito per noi apre “l’usciere” e infatti la gente poi se ne va (semi cit. Maccio Capatonda).

Il vostro concetto di underground?
Passione, sacrificio e condivisione.

La sua ‘malattia’ peggiore? La cura?
L’invidia e la competizione tra band. La presunzione di fare musica migliore di quella degli altri. Questo porta a “scaricare” ogni insuccesso sul pubblico.
“Fate largo all’avanguardia, siete un pubblico di merda” diceva Freak Antoni.
La cura è molto semplice: umiltà e supporto reciproco.

Una band underground che consigliereste?
Ne conosciamo tantissime e molto valide. Vi consigliamo vivamente di cercare voi quelle che vi piacciono. Non smettete mai di cercarne di nuove e supportatele come potete.

Una mainstream che ancora vi stupisce?
Overkill, Tankard, Testament.

Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta?
Di cosa parlano i vostri testi?

Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
L’abbiamo già fatto ma per qualche motivo Beethoven non ci ha risposto. Ci abbiamo provato anche con Paganini ma non abbiamo capito le risposte e si è rifiutato di ripeterle.

Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge
Ciao, venite al coop a bere, mangiare e scapocciare.

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