Intervista a cura di Benedetta Lattanzi
Quando un gruppo di amici si riunisce e decide di formare una band, si sa, non è raro che si debbano aspettare molti anni prima di avere un riconoscimento e poter suonare ad alcuni dei festival più importanti di Italia e collaborare con nomi celebri della scena. A volte però le cose vanno in modo totalmente diverso, e lo dimostrano Le Scimmie Astronauta che, dopo soli tre anni dalla loro nascita, vantano già un curriculum di tutto rispetto. A raccontare di questa esperienza e approfondire le tematiche del loro album Tieniti Forte ci pensa il vocalist e chitarrista del gruppo, Giorgio Falsaperna.

Come nasce il progetto “Le Scimmie Astronauta”?

Il progetto è nato quasi tre anni fa quando il bassista Michele Giustolisi mi propose di contribuire con la mia voce ad una base fatta da lui. Io e lui suonavamo insieme nei Delirium Tremens, una band con la quale ci cimentavamo nel metal, grunge, punk ed era anche abbastanza conosciuta, ma dopo lo scioglimento del gruppo ci siamo persi di vista fino a tre anni fa, con nuove esperienze maturate, nuove ispirazioni ed ambizioni. Il nostro unico desiderio era quello di fare musica per divertirci e far divertire l’ascoltatore senza la pesantezza che contraddistingue chi prende la musica troppo seriamente, anche a costo di sembrare troppo leggeri. Nulla di calcolato, in sostanza.

Il nome è quasi una denuncia alla società moderna…

Più che una denuncia è una presa in giro di questo essere umano che non riesce ad accettare la sua natura da animale e cerca di allontanarsi dalle sue origini con queste conquiste tecnologiche che possono apparentemente “marcare” la differenza tra i due mondi, ma in realtà rimane sempre vincolato: abbiamo delle notevoli scoperte che migliorano la vita, anche se l’unica comodità che danno è quella di muoverci il meno possibile, ma non c’è ancora nulla che riesca a risolvere i problemi della vita quotidiana, quelli che ci fanno stare male. È semplicemente accettare il fatto che ogni passo che facciamo in avanti ne facciamo due indietro, siamo dei trogloditi dotati di tecnologia.

Avete iniziato col botto, subito dopo la vostra nascita vi ritrovate ad esibirvi ad eventi sempre più importanti: dall’Italia Wave Love Festival, Cornetto Summer Music Festival, Heineken Jammin’ Festival, Arezzo Wave…insomma, vi siete ritrovati catapultati subito tra gli “importanti”. Come avete vissuto questo periodo?

Abbiamo avuto molta fortuna che potrebbe sembrare immeritata ma in fondo è stato un percorso naturale. È stato il culmine di un percorso di due strade che si erano divise e poi riunite e ci ha aiutato molto aver accumulato esperienze diverse in parallelo oltre ad aver creduto sempre nella musica che suonavamo. Ci riteniamo fortunati, sì, ma abbiamo anche fatto tantissima gavetta e stiamo raccogliendo i frutti del nostro lavoro.

Ad aprile è uscito il vostro primo album, Tieniti Forte, nel quale vi siete ritrovati a lavorare con Steve Lyon che ha collaborato con Depeche Mode, The Cure e Paul McCartney tra gli altri. A prescindere da cosa avete provato, non è da tutti ritrovarsi con professionisti del genere al primo lavoro in studio, ma c’è una cosa che avete imparato da questa esperienza?

È stato un colpo di culo averlo conosciuto. La sera che ci ha sentiti suonare partecipavamo ad un contest e all’epoca avevamo solo tre o quattro brani pronti, quindi fondamentalmente ci ha conosciuti in un periodo in cui non avevamo un repertorio vero e proprio. Steve Lyon è una persona che pur avendo a che fare con la storia della musica ha mantenuto i piedi per terra, sa ascoltare i consigli e le idee di tutti, non è presuntuoso e non impone le proprie idee anzi cerca sempre di rispettare quello a cui vuole arrivare l’artista.

Complessivamente Tieniti Forte è un album che a livello di testi affronta delle tematiche divenute quotidiane, come in Polline nel quale il protagonista è disposto a tutto pur di raggiungere la stabilità economica. Ma forse il brano più “controcorrente” se così si può dire, è Stalker, che guarda il problema attualissimo dell’ossessione verso una persona dal punto di vista dello stalker stesso. Come è nata questa idea?

Questo brano nasce dalla considerazione che alcune persone che conosco, anche molto vicine, anche se sanno di avere al proprio fianco dei violenti o gente poco affidabile, uomini o donne che siano, paradossalmente si ritrovano ad essere più innamorati di prima. Questo mi ha fatto pensare che probabilmente c’è un lato romantico anche nello stalker che di solito viene visto come una persona pericolosa ma tante volte è una persona alla quale viene data la possibilità di entrare in maniera così aggressiva nella vita degli altri.

Mentre China Town può essere visto dal lato filosofico, come una riflessione sulla caducità della vita e delle cose materiali?

Sì, China Town è un pezzo che parla della situazione economica italiana, anche se cerco di alleggerire tutto con immagini divertenti. In realtà si fa la triste considerazione che l’italiano ha difficoltà a permettersi il made in Italy, e dobbiamo ringraziare il governo per questo. La canzone è allegra ma il tema è davvero triste e tocca tutti noi.

Dio è una canzone che avete scritto molto tempo fa quando eri nei Delirium Tremens e che avete riarrangiato totalmente, lasciando invariato praticamente solo il testo. Perché questa decisione? Avete trovato delle difficoltà durante il processo?

Quando lo suonavamo negli anni ’90 era un pezzo metal, lo abbiamo proposto anche al Tim Tour quando era condotto da Red Ronnie e ricordo che ci consigliò di accorciarlo perché troppo lungo. Avevo anche qualche dubbio se inserirlo o meno nel disco perché è un po’ provocatorio come testo, visto e considerato che oggigiorno parlare di religione in musica è un’arma a doppio taglio. Il riarrangiamento è stato spontaneo, e devo dire che la nuova versione mi piace di più poiché inizialmente era più pesante. Un brano è come un abito, può essere riarrangiato in miliardi di maniere, ed avendo l’apertura mentale giusta si può arrivare a quello desiderato. È il caso anche de Le Scimmie Astronauta che probabilmente verrà inclusa nel prossimo disco, un brano che suonavo in un vecchio gruppo a cavallo tra i Delirium Tremens e questo attuale.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Suonare. È quello che ci manca ora, girare l’Italia e proporre la nostra musica dal vivo che è quello che ci piace fare.

Avete un ultimo messaggio da mandare a chi vi segue?

Continuate a seguirci perché presto sveleremo le date del tour!

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