GarageVentino
Nome storico del panorama musicale milanese, i GarageVentinove sono, negli anni, rimasti coerenti con la propria idea di musica e di cultura. Il suono si è evoluto, come è giusto che sia, dando più spazio alle necessità espressive della band. In questa intervista spiegano la loro storia, il loro punto di vista sullo stato di salute del rock, il loro concetto di undergrund. Tutta da leggere

Una presentazione per chi non vi conosce

Il gruppo nasce come Garage 29 nel 1991 e fa molte cover del periodo, insieme a qualche pezzo proprio in cui cerca di fondere l’energia dell’allora onnipresente grunge con l’esistenzialismo della new wave. Il risultato di questo lavoro lo si può ascoltare nel primo cd, Auto da Fé, del 96. Vincono premi e concorsi ma presto cambiano formazione, anche perché non sostenuti adeguatamente dall’etichetta di allora. Indurite le chitarre ed eliminate le tastiere, bisognerà attendere il 2001 per sentire ancora parlare di loro, con un nuovo batterista, per il cd-singolo Amnesia, ottenendo esattamente lo stesso risultato: recensioni entusiastiche, vendita di tutte le copie del disco, premiazioni assortite ma assoluta indifferenza di qualunque scena. Resisi conto del loro isolamento, reintegreranno il vecchio batterista e chiameranno Patrizia come voce femminile, uscendo solo nel 2018 con un long-playing vero e proprio, Il Male Banale

Entriamo subito nel merito del vostro ultimo lavoro in studio. Ascoltandolo si ha l’impressione che voi siate entrate in studio, vi siete guardati in faccia e vi siate ‘semplicemente’ detti: suoniamo. È un disco molto sentito, umorale. Come è andata in realtà?

    Esattamente all’opposto! Cambiato leggermente il sound per la presenza di una voce femminile, cambiato nome alla band con l’attuale GarageVentiNove, abbiamo composto molto nuovo materiale, presi da una strana frenesia creativa. Ma per decidere quali pezzi registrare e come ci sono state parecchie discussioni. Ma alla fine il tema del disco, contenuto nel suo titolo, ha messo tutti d’accordo

    La vostra carriera vi ha portato ad attraversare diverse epoche musicali. Come sono cambiati i vostri ascolti?

    Non poi tanto. Il nostro riferimento è sempre stata la scena indie-rock alternativa angloamericana (occasionalmente australiana). Certo, ciascuno di noi ha i suoi gusti e fra di noi ce li siamo comunicati. Ma hanno influito abbastanza poco nella nostra ricerca musicale, piuttosto indifferente a mode e stili

    Dal vostro punto di vista, la musica è fatta di flussi e riflussi o è uno scorrere costante?

    Eh, purtroppo o per fortuna siamo autori e compositori, non critici musicali. Detto questo, l’impressione generale che abbiamo è che il rock abbia fermato ogni evoluzione con l’arrivo del 3° millennio, riuscendo veramente ad esprimere poche o nessuna novità. A meno che non si intenda per novità la miscela originale di stili altrui, ma se flusso costante c’è stato (nelle avanguardie, perché è chiaro che le retroguardie invitavano al riflusso), oggi questo flusso sembra al chiodo, soffocato da una giungla indistinguibile di riflussi, con poche e occasionali buone opere

    Oggi qual è e quale dovrebbe ebbe essere il ruolo della musica.

    Uuuh, se non siamo critici musicali men che meno siamo sociologi della musica. Quale dovrebbe essere il suo ruolo? Non saprei, quello che è sempre stato, ovvero ciò che ogni arte dovrebbe essere, dalla poesia (derivata dal greco ποιεῖν, poiein, fare) in poi: parlare in modo para-razionale all’ascoltatore, cioè nel profondo, all’inconscio, aumentare il suo stato di coscienza e, come logica conseguenza, creare una scena in cui le persone si conoscano e si riconoscano. Oggi sembra sempre che manchi qualcuno di questi elementi: nel rap/trap non si parla al profondo, anzi, mentre il rock non è più in grado di creare una scena. Oggi vige superficialità e parcellizzazione, produzioni levigate e perfette nel suono ma quasi nulle nei contenuti (o nell’innovazione estetica), non so davvero cosa si dirà fra vent’anni di questi tempi

    Come è evoluto il vostro approccio alla composizione nel corso degli anni?

    In nulla! Qualcuno porta un’idea, si improvvisa in saletta, si registra, si raccoglie il meglio.

    Ascoltando il materiale più vecchio, che cosa pensate? Siamo stati bravi, nonostante la giovane età, oppure: ma come abbiamo fatto ad incidere queste ‘cose’?

    La prima che hai detto! Con un’aggiunta: come abbiamo fatto a raccogliere così poco? Beh, certo, non negli anni 90, forse i migliori per l’indie-rock italiano, con campioni indiscussi quali CSI, Afterhours, Marlene Kuntz, ma poi? Né noi né altri migliori di noi abbiamo raccolto nulla. Peggio: abbiamo dovuto assistere alla promozione di band insulse e (grazie al cielo) effimere. Forse l’Italia non è un Paese per il rock, certo non lo è per l’arte in genere, bensì per i figli di papà, con troppe poche eccezioni, specie negli ultimi anni

    Qual è il vostro concetto di underground?

    Beh, l’underground è innanzitutto creatività e controcultura. Senza uno dei due elementi non c’è vero underground, ma finzione o scimmiottamento. Si parla di realtà di movimento, di contestazione, di anticonformismo, come di critica sociale e politica, o anche solo attenzione alla dimensione dolente dell’individuo (c’è sempre una latente critica sociale nel dolore individuale). Il primo rap delle posse era underground, mentre Fedez ne è la faccia peggiore, superprodotta, promossa nei canali mainstream, convenzionale anche quando si atteggia da apocalittico. Anzi, è proprio questo suo atteggiarsi a risultare falso e irritante. Non parlo dei Maneskin, fenomeno veramente imbarazzante, che dimostra solo come in fondo sia facile manipolare masse ipocoscienti

    Qual è il vostro più grande pregio e il vostro peggior difetto?

    Il pregio non dovremmo dirlo noi, ma forse è la costanza. E la capacità di andare oltre le liti, inevitabili in ogni formazione. Il difetto è il nostro isolamento, questo senso illusorio di bastare a se stessi, esiziale in un periodo storico in cui è sempre più necessario fare rete. Vero è che ci abbiamo provato più volte, ma evidentemente senza argomenti riconosciuti come validi (santo editore a parte). L’impressione generale, però, è quella di una guerra fra poveri, di tutti contro tutti

    Una band o un artista underground che ascoltate e consigliereste?

    Mah, domanda difficile. Sull’underground storico direi decine di nomi, su oggi non riusciamo ad esprimerne nessuno. Beh, in Italia consigliamo i nostri compagni di etichetta, la Overdub Recordings, dove c’è gente che davvero lavora con cuore e cervello!

    E un gruppo mainstream che ancora oggi vi colpisce?

    Mah, domanda difficile. Non saprei, i Tool? Sono mainstream? No, forse no, ma il mainstream è veramente inascoltabile! Peter Gabriel, sopravvissuto a se stesso?

    Una canzone o un album per voi imprescindibili.

    Boh? Pornography dei Cure? Marquee Moon dei Television? Dirt degli Alice in Chains? Low di Bowie, dai!

    Secondo voi la musica oggi, riesce ad emozionare ancora davvero?

    Vedi risposta alla domanda 4. La cosa che troviamo sconcertante, però, è che i pochi artisti che ancora ci emozionano, che so? Tool, Cure, Placebo, Mars Volta, dEUS, vengono tutti dal XX secolo, o al limite dai primissimi anni del XXI. Non riusciamo a capire perché, sembra proprio che le nuove generazioni abbiano perso il legame profondo fra anima e musica, accontentandosi di puro formalismo esecutivo e produzioni patinate

    Cosa temete per il vostro futuro musicale?

    Nulla! Anche perché… cosa potrebbe andare peggio? Sì, la malattia, la caduta dal palco, l’impedimento psicofisico

    Qual è la sede live che vi è più congeniale?

    Beh, la migliore è stata il Patio de Maria dell’Avana, Cuba! Qui forse la migliore è il piccolo club , dove ricreare atmosfere ravvicinate e quasi soffuse che permettono una maggior intimità col pubblico

    Una band cui vorreste fare da apertura o che vorreste facesse da apertura a voi?

    I CSI, li inviteremo a riformarsi

    Ieri l’idea, oggi il disco, e domani…

    Beh, l’idea è dell’altro ieri e i dischi sono di ieri. Oggi la sopravvivenza, e domani è un altro giorno

    Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta?

    Com’è possibile che il rock sia caduto così in basso? Quali pensate che ne siano le cause e quali i possibili rimedi? Devo rispondere?

    Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?

    Battiato e gli chiederemmo come si fa a rimanere impermeabili alle richieste dell’industria sfornando capolavori immortali che saranno riconosciuti a tempo debito

    Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge

    Non skippate la musica! Trovate il tempo e l’ambiente giusto, e permettetele più ascolti!

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