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Dragonhammer, l’evoluzione non si arresta

Per i Dragonhammer vale il medesimo ragionamento fatto per altre band storiche. Comesi può recensire il lavoro di una band con 20 anni di carriera alle spalle, quindi uno stile consolidato, una tecnica perfettamente adatta al genere scelto, un songwriting praticamente perfetto? Questo non vuol dire che un gruppo solo perché storico non possa fare brutti dischi. Diciamo che è difficile. E infatti per i Dragonhammer non è così. Che cosa dire del loro ultimo Second Life? Nulla di più che è un disco a la Dragonhammer. Ottimamente suonato, perfettamente prodotto, magistralmente eseguito.

Per chi li conosce, è una conferma. Per chi invece non li dovesse ancora conoscere, i Dragonhammer ‘sono uno dei pilastri della scena Power Metal italiana, una band che da 20 anni segna la storia di questa musica’, come si legge nella loro biografia. Fortunatamente l’evolvere è condizione intrinseca all’essere umano e la band non sfugge a questa regola. Infatti, pur mantenendo uno stile riconoscibile, in continuità con i lavori passati, il nuovo disco presenta qualche novità. La prima ad emergere è la produzione: potentissima. Nei lavori passati la band non aveva suoni così compatti, maestosi, potenti.

Parrebbe un paradosso rispetto alla nostra premessa, ma anche il songwriting è leggermente mutato. Si è fatto meno epico e più power. Il cambio di formazione del 2018 ha portato una nuova linfa vitale. Il lavoro delle chitarre è davvero notevole. Meno ‘accorto’ ad essere fedele ad una linea tracciata da altri, ma più personale. Con questo nuovo disco si ha come la sensazione che la band si sia voluta affrancare da un’etichetta che le stava stretta. Infatti definire i Dragonhammer di oggi solo power o solo epic porterebbe fuori strada. È la giusta commistione tra le due parti, con l’aggiunta di una vena più progressiva, più attenta alla forza narrativa dei testi, a dare l’idea del nuovo corso.

Arrangiamenti più maestosi, più curati nel loro evolvere, l’eccellente utilizzo dei cori, le chitarre potenti con un riffing spesso assassino, i ritornelloni fatti per essere eseguiti dal vivo, tutto contribuisce a dare idea della nuova identità del gruppo. La continuità col passato è data dalla inequivocabile perizia degli attuali come dei passati elementi che costituiscono il gruppo. La differenza è data da quella che si potrebbe definire una maggiore consapevolezza. Oltre che dalla certezza di non dover dimostrare nulla. Liberatisi dal peso del dove dimostrare, la band appare davvero libera di potersi esprimere al meglio.

A farlo la aiuta la perfetta produzione. Suoni omogenei, nessuna carenza, wall of sound di tutto rispetto, strumenti sempre distinguibili anche nei passaggi più ‘pomposi’. Un’operazione che non deve essere stato facile eseguire, considerando la complessità delle composizioni.

Track by track inutile. Il disco deve essere ascoltato nel suo insieme e gustato complessivamente.

Concludendo. Come detto in apertura, i Dragonhammer sono una sicurezza in quanto a qualità. Stilisticamente sono invece sempre una sorpresa. Ascoltando la loro discografia si sente l’evoluzione della band che ha portato al nuovo disco. Un lavoro davvero perfetto, senza cali, senza pecche di nessun genere. Non diciamo l’apice della loro carriera, ma certamente, fino ad oggi, forse la migliore espressione della band. Da ascoltare per tutti, la melodia, seppur con suoni decisi, non fa per nulla difetto. Da avere assolutamente per chi conosce la band e per chi ama composizioni imponenti, complesse, teatrali ma che non perdono in immediatezza e potenza. Non è un disco facilissimo. Certo la melodia ne aiuta l’ascolto. In ogni caso deve essere ascoltato più volte.

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