Recensione a cura di Carmine Rubicco

Iniziamo dalla fine. È un disco per intenditori e amanti del genere. Si parla di doom, ma doom vero, pesante, pachidermico, oscuro e asfissiante. Chiarito ciò nulla può essere “contestato” al full lenght in questione. Fin dai primi secondo il combo genovese chiarisce subito il proprio intento. L’intro è affidata ad una litania in latino con sottofondo di rintocchi di campana a richiamare i primissimi Black Sabbath e una certa musica esoterica, per poi aprire ad una lunga cavalcata in oscure foreste. Foreste da cui mai si esce fino alla fine del disco. La produzione, probabilmente volutamente “asciutta”, ottimamente rende le atmosfere del disco. Non sono presenti distorsioni particolarmente compresse, scelta ottima a sostegno del riffing e delle atmosfere. Non è un disco semplice. O lo si odia o lo si ama. Anche perché considerata la durata media dei brani non si possono avere delle preferenze.

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