hysterical sublime

Void Void degli Hysterical sublime, mantiene le premesse del singolo Ship. Le atmosfere sono quelle della canzone che ha anticipato l’uscita del disco. Dark wave ispirata a band del calibro di Depeche Mode, Ultravox, Camouflage e via citando. Ma non solo. Le influenze che la band propone divagano e si allargano, pur rimanendo in un ambito piuttosto oscuro. Si aggiungono allo stile dei nostri, che quindi diventa molto più personale e riconoscibile, chitarre distorte, richiami industrial, integrazioni con strumenti tradizionali. Ci sono anche eco più contemporanee come Muse e Coldplay, si veda Glow.

Qui il cantato riporta alla mente molto le citate band, così come le basi strumentali. Tuttavia si tratta di richiami. Quando pare chiaro dove la canzone vada a parare, gli Hysterical sublime introducono elementi spiazzanti. Sempre all’interno di Glow, ad esempio, l’apertura centrale, che sfocia nel ritornello, adduce in qualche modo ai Pink Floyd più malinconici. È in ogni caso la dark wave d’autore a dominare. Insane, porta inequivocabilmente su quelle coordinate. Le suggestioni sono talmente tante che identificarne una rispetto alle altre sarebbe fuorviante.

I nostri hanno dalla loro, sempre e comunque, quel guizzo di genialità che spiazza, che rende la canzone identificabile con il loro stile. Violini arabeggianti, break, cambi di atmosfere. Sono tutte caratteristiche peculiari. Il ritornello è un passaggio killer. Resta in testa in men che non si dica. Passiamo oltre Ship, già ampiamente trattata nella recensione. Il successivo Nurture è uno dei passaggi meglio riusciti. Qui gli Hysterical sublime danno il meglio di sé. Vi sono riassunti tutti i tratti caratteristici del loro sound, sviluppati su un tempo lento. Loop elettronici, archi, atmosfere dilatate, riverberi e una base che non sta mai ferma. Crescendo e decrescendo sono continui.

Formano un quadro variegato, ricco di sfumature. Resta l’ambientazione dark alla quale, questa volta, si unisce uno special degno della migliore brit pop figlia dei Beatles. La canzone poi rientra sui binari iniziali che però si tingono di sottolineature industriali. Questo fino all’apertura sul ritornello. Una finestra da cui un ipotetico Quasimodo vede sorgere un nuovo giorno. Quasimodo è il personaggio giusto per cercare di rendere l’atmosfera della canzone. Triste, ma non piegato alla tristezza, speranzoso in un domani migliore. Cambio completo di atmosfere con #reasontobehappy.

Jazzata sul modello Quincy Jones riesce a ricavare lo spazio per un excursus inatteso. Un richiamo progressive. Anche in questo caso i suoni sono piuttosto dilatati a creare una base melodica piena, coinvolgente. Una menzione va alla produzione. Pulita, dinamica. Che ha tenuto fermi i bassi modulando il resto. Approda su lidi più dark rock, per intensità, la successiva White Pleasure. Molto ben riuscito l’inserimento del giro di basso al quale si accompagna la comparsa di un coro che si sovrappone alla voce portante. La canzone non fa eccezione per quanto concerne la presenza di passaggi personali e non attesi. Verso i ¾ si trasforma in un brano praticamente industriale.

Fanno la loro comparsa accanto all’elettronica, basso distorto, tastiere, suoni di vario genere. Il tutto si conduce nella chiusura sul riff iterante delle note basse. Memories è un brano più elettrico. Fanno sentire la loro presenza le chitarre, sulla falsa riga di interventi che potrebbero usciti dalla sei corde di The Edge. In un certo qual modo il brano è un omaggio a quello che gli U2 sono stati all’inizio della loro carriera. Non senza personalizzazioni ovviamente.

I suoni diventano molto più duri col dipanarsi del brano portandolo nel 2000. Apprezzabile il calando che sfocia nel finale con solo voce e basso. La conclusione del disco è affidata a Disillusion. Si torna alla dark wave più lenta, d’atmosfera, evocativa di fine anni ’80 con influenze psichedeliche. Un andamento complessivo che potrebbe essere avvinato allo shoegaze se non fosse per i continui cambi. Una degna conclusione di un disco complesso.

Tirando le domme.

Void Void è davvero un ottimo prodotto. La base è abbastanza vintage da richiamare i nostalgici di darw wave e new wave, ma non abbastanza da suonare già sentita o scontata. Anzi. Di scontato in questo disco c’è ben poco. Quando si crede di aver capito i brani cosa potrebbero offrire, subentrano cambi che fanno cadere ogni certezza. Un ascolto consigliato agli amanti dei generi su citati ma anche a chi è curioso, in cerca di esperienze in ogni caso arricchenti.

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