indipendenti

Fermo restando che l’essere indipendenti si divide in due categorie, chi lo è momentaneamente perché aspira al mainstream e chi lo sceglie, resta il fatto che esserlo è una responsabilità. Ma una responsabilità in che senso? Che responsabilità ho io che voglio semplicemente esprimere me stesso? Ho la responsabilità di essere libero, davvero. Libero di dire ciò che voglio come voglio, senza vincoli.

La libertà di essere anche provocatorio, dirompente, fuori dalle righe. Ebbene questa responsabilità molti artisti non la sentono, non la percepiscono. Essere un artista indipendente, per scelta o in attesa del ‘salto’, dovrebbe voler dire cercare di andare oltre il consueto. Recarsi dove nessuno o, pochi, sono stati. Significa non fermarsi alle frontiere dei generi musicali. Delle regole del mercato, neppure della morale, estremizzando. E vale per tutti.

La maggior parte delle grandi band sono diventate tali perché sono andate esattamente in questa direzione, al di là dei giudizi di critica e pubblico. Anche chi inizialmente è stato un fenomeno di nicchia, col passare del tempo ha visto riconosciuto il proprio percorso, il proprio apporto all’evoluzione musicale, culturale. Eppure pare essere un discorso che non passa.

Sono davvero pochissimi gli artisti dell’underverso che sperimentano, che si spingono oltre, che oltraggiano, che provocano, che cercano di rompere gli schemi. Per loro la vita è resa difficile dai loro stessi colleghi. Il classico ‘ma chi ti credi di essere’, ‘lo fai solo per attirare attenzione quando dovrebbe essere la tua musica a parlare’, o altre amenità di questo tipo si sprecano. In verità saranno proprio quegli artisti poco attraenti, ammiccanti, vendibili, che riusciranno a fare la differenza.

Dimenticare che esistono fior fiore di personaggi che noi stessi abbiamo seguito o seguiamo solo perché provocatori, contro la morale comune, è troppo facile. Giustificare la dimenticanza con un semplice ‘erano tempi diversi’, anche. Scordare che abbiamo iniziato ad interessarci ad un gruppo perché rompeva gli schemi, dovrebbe chiarire anche il nostro ruolo di artisti indipendenti. Certo, non c’è nessun ‘obbligo’. Non devo per forza essere contro o provocatorio.

Tuttavia e, in questo caso, l’obbligo sarebbe ammissibile, dovrei quanto meno cercare di essere unico. Ecco il vero senso della responsabilità di cui sopra. Essere unico. Affermare l’unicità della mia proposta, della mia arte. Farla emergere, vedere, sentire al maggior numero di persone possibile. Invece, a quanto pare, tanti, troppi, si accontentano di somigliare, di essere almeno un po’ simili a tizio o caio. Ma se siamo simili, non abbiamo un’identità. Siamo una copia sbiadita.

Ed essere una copia fa venire meno il senso di essere indipendente. Di questo impegno dobbiamo prendere coscienza. Così come del nostro ruolo come artista. L’arte stessa, da sempre, è provocazione e non è scindibile anche da un certo ruolo sociale. Qualcuno dice ‘sono solo canzonette’. Da una parte è così. Sono ‘solo’ canzoni. Dall’altra, però, sono le stesse canzoni che si arrogano il diritto di avere un impatto più marcato sulla realtà.

Nel momento in cui decido di scrivere, di raccontare qualcosa che mi è accaduta o ho visto succedere, sto assumendo anche il ruolo di denunciatore. Se descrivo situazioni allarmanti, di soprusi, o, semplicemente, amori non corrisposti, sto evidenziando delle criticità. Chi mi ascolterà si riconoscerà in quello che dico perché, magari, avrà vissuto o visto le stesse criticità. Un artista indipendente, che non deve rendere conto a nessuno di ciò che dice, dovrebbe aver ben presente questo aspetto.

Un aspetto che oltre alla sua forza, potrebbe essere anche il suo tallone di Achille. Infatti potrebbe essere il motivo principe per cui l’intellighenzia mainstream non ci farà mai emergere. Ma non esiste solo l’elite di chi decide cosa si deve ascoltare e cosa no. Oggi, per fortuna, sono le persone a sancire chi merita di essere conosciuto e chi no. Senza dimenticare che arrivare ‘in cima’ non è sinonimo di valore.

Lo sappiamo che ai poteri le persone pensanti non piacciono. Essere indipendente dovrebbe voler dire, in un certo qual modo, anche essere scomodo. Invece di scomodo, urticante, provocatorio, nella musica così come nell’arte in generale, c’è ben poco. O forse, c’è ma è mal sponsorizzato. La forza della cultura oggi più che mai è la sua provenienza dal basso.

Mai come oggi le persone possono decretare chi merita o non merita. Certo, se noi non ci facciamo notare viene difficile che qualcuno possa inserirci tra i nomi meritevoli. E possiamo farci notare solo esaltando la nostra unicità. Qualsiasi essa sia.

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