Enemynside

Riuscire con un disco a travalicare i confini di un genere creando un proprio stile, è una bella impresa. Tentativo perfettamente riuscito agli Enemynside ed il loro Chaos Machine. Chiariamoci subito, non stiamo parlando di novellini. Parliamo di una band più che navigata, che in una carriera quasi trentennale di strada ne ha percorsa. E si sente. Si nota dallo stile personale pur se riconducibile al genere heavy/thrash. Tuttavia, come spesso accade, le definizioni sono sempre troppo riduttive.

Definire il combo solo speed o thrash o hardcore non lo descrive al meglio. Gli Enemynside sono un po’ di tutto questo unito ad altre mille influenze. Per cercare di spiegare. Prendete il meglio che dagli anni d’oro ad oggi i su citati generi musicali hanno prodotto, uniteli e otterrete gli Enemynside. Come se i Metallica avessero scritto un disco a quattro mani con Anthrax, Slayer, Suicidal Tendencies, Nevermore, Hatebreed e chi più ne ha più ne metta.

Questo la dice tutte sulle capacità tecniche dei nostri. Tuttavia più che su questa ultime, l’attenzione va puntata sulla capacità di scrittura del gruppo. Davvero impressionante. Almeno su quest’ultima fatica sulla lunga distanza. Velocità, riff granitici, groove, melodia sono equilibrati al grammo. Nulla è fuori posto. Le composizioni si susseguono come i capitoli di un libro. Ogni pagina aggiunge dettagli in più al quadro generale compiendo il crescendo che poi esploderà nel finale.

Come in un libro giallo, non mancano colpi di scena e cambi improvvisi di scenario. Per i nostri è lo stesso. L’architettura generale è ben stabile, ma al suo interno si muovono diversi elementi. La band mette subito le cose in chiaro con Faceless. Un pugno in piena faccia. Decisa, monolitica, senza via di scampo. Allo stesso tempo carica di tensione e di melodia. Ottima la produzione che è riuscita a mantenere praticamente inalterata la furia degli strumenti e l’impatto complessivo.

Ecco, questo è un altro aspetto da non sottovalutare. La scelta dei suoni risulta particolarmente vincente. Non tanto per l’impasto sonoro, quanto per il fatto che live non sono difficili da ricreare. Il che garantisce un wall of sound decisamente devastante. Ottimo il lavoro di tutti gli strumentisti. Pulito, senza esagerazioni ma tecnico al punto giusto. Notevole il dialogo tra le due chitarre. Per tutta la durata del cd si inseguono, si scambiano riff e fraseggi, si sostituiscono negli a solo.

Molto interessante e ben centrato anche l’utilizzo dei cori. Questi tengono una matrice prevalentemente hardcore. Cori pieni, da stadio, quasi oi. Si ascolti Black Mud per averne un chiaro esempio. Lodevole il lavoro della batteria. Questa offre una performance degna nota. Passa da semplici accompagnamenti lineari, a controtempi e accelerazioni improvvise. È soprattutto l’utilizzo della parte più percussiva a saltare all’orecchio, oltre all’incredibile lavoro con il doppio pedale.

Ed ecco un nuovo aspetto da menzionare. Avendo così tante influenze, l’accoppiata cassa/sezione ritmica, che non è solo basso, ma anche le due chitarre, non è né scontata, né ripetitiva. Da potentissimi muri sonori all’unisono si passa a momenti in cui ogni strumento segue una propria linea. Il che crea un’onda d’urto incredibile oltre ad un intreccio che si decifra solo all’ennesimo ascolto.

Suffered defeat è il brano da prendere ad esempio. Perfetto nel suo incedere mai troppo veloce, ma implacabile. Un mare di lava che tutto sommerge senza lasciare via di fuga. Altra freccia andata a segno è la scelta del mid tempo. Il disco non ha brani a rotta di collo. Sono tutti cadenzati e, per questo, pesantissimi. Come sempre, il mid tempo consente, oltre ad una maggiore chiarezza in fase esecutiva, anche la possibilità di poter inserire elementi tecnici molto diversi tra loro.

In ultimo, ma non certo per importanza, la voce. Anche questa esce dal cliche con una timbrica piena, non scream né growl. Piuttosto strappata, più hadcore ma senza raggiungerne gli estremi. Scelta perfetta sia per il genere proposto, sia perché aiuta a donare personalità alla proposta musicale.

Concludendo. Cosa si può dire del lavoro degli Enemynside se non che è un grandissimo disco. Non adatto a tutte le orecchie, questa va evidenziato. Se non si è abituati a determinati suoni può risultare ostico. Neppure adatto ai nostalgici. Se pensate di trovare al suo interno formulette scontate, suoni vintage che richiamano alla memoria l’adolescenza con cartucciera, capelli lunghi e jeans stracciati, rimarrete delusi. Pur nella sua riconoscibilità stilistica questo è un disco contemporaneo. Un disco sicuramente da ascoltare.

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