Laika nello spazio

Di recente è stato pubblicato il loro ultimo lavoro, Macerie (recensione). Un disco duro, diretto, che non fa sconti. Un cd di caustica critica sociale. Particolare anche per l’utilizzo di due bassi invece della ‘classica’ formazione rock. In questa intervista i Laika nello spazio raccontano del loro disco, della genesi dei testi, della loro visione del mondo e della società. Oltre che della loro esperienza musicale. Tutta da leggere.

Una presentazione per chi non vi conosce

Ciao a tutti! Siamo i Laika nello spazio, una band di Rho (MI) attiva dal 2015, suoniamo con due bassi, batteria e voce; cantiamo in italiano ed abbiamo due dischi all’attivo: “Dalla Provincia” (2019) e “Macerie” (2022) entrambi usciti con Overdub recordings. E siamo attualmente in tour per la promo di Macerie.

Domanda ovvia ma esplicativa: perché la formazione a due bassi?

Abbiamo iniziato con batteria e basso, volevamo provare l’essenzialità nella sua forma più minimale, poi dopo la decisione di inserire un altro strumento e dopo qualche prova con chitarra e tastiere, abbiamo deciso per il secondo basso semplicemente perché ci intrigava molto che sonorità che avremmo potuto tirare fuori.

Il genere che proponete, scelta consapevole o naturale modalità espressiva?

Entrambe: sappiamo esprimerci con questi suoni, con questo modo di strutturare i brani, con questa tipologia di testi e cantato. E’ appunto una scelta naturale e consapevole, anche se stiamo ampliando le vedute su certe cose in vista del prossimo lavoro.

Il vostro è un disco molto intenso, sia strumentalmente sia per quanto riguarda i testi. La società odierna è davvero così sorda rispetto alla propria condizione?

La società di oggi è una non-società. Notiamo una regressione globale a livello di rapporti interumani e un abbruttimento intellettuale che purtroppo riguarda anche le generazioni più giovani. Il tutto in parte legato all’uso scorretto della tecnologia, in parte alla mancanza di “educazione sociale e civile” che ai ragazzi non viene data; noi adulti con la nostre vite ultra veloci e nevrotiche dimentichiamo che abbiamo il dovere morale di lasciare alle generazioni future un mondo almeno decente e un educazione “sana”.

Nei vostri testi c’è molta rabbia. Che cosa servirebbe alla vita in provincia per essere migliore?

La vita in provincia che noi cantiamo è una forma mentis, un modo di essere talmente radicato che sarà tale per sempre. Non si tratta di un luogo fisico e del solo degrado urbano di certe realtà, ma proprio di una mentalità retrograda e bigotta che rappresenta spesso, oltre la provincia, tutta l’Italia.

Come è cambiata nel tempo, secondo la vostra esperienza? È migliorata o peggiorate e perché.

Premettendo che proveniamo tutti e tre da diverse zone d’Italia, tutte periferiche, confrontandoci ci siamo resi conto che rispetto a un po’ di anni fa non è cambiato un bel niente. La mediocrità è rimasta mediocrità e il degrado uguale.

La musica salva la vita?

Assolutamente si. È una passione, e in quanto tale ci mantiene vivi, ci da la possibiltà di esprimerci e perché no, anche sfogare le frustrazioni personali. Nel senso stretto della domanda la risposta è di nuovo si: abbiamo conosciuto persone alle quali la musica ha letteralmente salvato la vita.

Si dice che il rock sia in crisi. Una condizione che riscontrate?

Secondo noi il rock è vivo e più forte che mai. Il punto è questo: occorre fare la distinzione tra ciò che è mainstream e ciò che viene definito underground. Ci sono molte band che provengono dalla “nicchia” che pian piano riescono a fare passi in avanti e conquistarsi l’attenzione del pubblico. C’è però , e purtroppo, una sorta di fondamentalismo anche in chi ascolta rock… basta cercare e si possono ascoltare centinaia di band valide semi sconosciute, lasciando un attimo da parte la convinzione che “i classici” sono l’unica realtà rock che esiste. Tornando alla questione “Mainstream”, le major offrono prodotti che che funzioneranno, soprattutto con i giovani (vedi il fenomeno trap) ed è quindi diffiicile che una piccola band rock, seppur fenomenale, raggiungere certe vette di ascolti e visibiltà. Possiamo dire che il rock è in crisi per questo motivo più globale, ma non è assolutamente morto; anzi.

Il pubblico ai vostri concerti è mutato nel tempo?

Notiamo con piacere che la nostra proposta sin dall’inizio ha suscitato l’interesse di varie fasce d’età. Ai nostri concerti vediamo partecipare con attenzione giovani, adulti e anziani; e questo ci rende orgogliosi.

Esiste una scena underground nella vostra zona? Se si, è attiva?

Milano e il suo hinterland sono sempre state prolifiche riguardo nuove realtà musicali. C’è voglia di sperimentare e di creare. Nella nostra Rho c’è una piccola scena costituita da alcune band che da anni portano avanti i loro progetti. Certo, c’è chi ci crede di più e chi di meno, però siamo tutti accomunati dal fatto di proporre musica inedita e legati ad un particolare posto che è un po’ il fulcro di tutto: una sala prove-club dove ci si incontra tutti, una piccola Factory.

Una band emergente che vi ha colpito e che consigliereste?

I trentini “Cannibali commestibili”, che fanno parte della nostra stessa Label, e i campani “Tenue”. Consigliamo di ascoltarli che sono davvero forti!

Un gruppo conosciuto che vi ha stupito?

Sicuramente Pierpaolo Capovilla, che col nuovo suo progetto Capovilla e i Cattivi maestri ha confermato di essere un grande del rock nostrano. Tra l’altro abbiamo anche avuto il piacere e l’onore di aprire due suoi spettacoli recentemente, a Pordenone e ad Imperia.

Ieri l’idea, oggi il disco… e domani?

Altre idee già in cantiere e un altro disco! Ah ah ah. Per ora ci godiamo il tour che ci sta portando un po’ in giro per il bel paese e ad aprire ad artisti che ascoltavamo e ascoltiamo tutt’ora e che sono stati parte della nostra formazione musicale; ed è una grande soddisfazione!

Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta

Non ci è mai stato chiesto: vi piacerebbe scrivere per colonne sonore o spettacoli teatrali? Oppure: Con quali artisti famosi NON collaborereste mai! O anche: i testi derivano da particolari influenze letterarie? Se si chi nello specifico?

Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?

Sicuramente Fabrizio De Andrè, a cui dobbiamo tantissimo; in italia il più grande di sempre. Ci piacerebbe poi intervistare Mark Sandman, voce e basso dei Morphine, per chiedergli come diavolo ha fatto con un basso a due corde e uno slide a tirare fuori tutta quella poesia. E i Velvet Underground, perché con loro è nato se non tutto, quasi.

Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge

Vi ringraziamo per l’attenzione, la bellissima recensione e per quest’intervista, ma soprattutto per la passione profusa nell’ascoltare musica e dare spazio a gente come noi. Raccomandiamo ai più giovani di fare come voi: andate alla ricerca delle band nuove… ascoltate i mostri sacri, si, ma non fossilizzatevi e vedrete che il calderone del rock indipendente italiano potrà riservarvi molte piacevoli sorprese.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *