Metallica

Il nuovo vecchio corso

Testo a cura di Carmine Rubicco

Gli ultimi singoli di Metallica e Red Hot Chili Peppers quasi fanno urlare al miracolo, ma con riserva. A giudicare dai brani pubblicati estratti dai nuovi lavori in uscita, parrebbe che le due band abbiano trovato finalmente una strada.

Pare siano riuscite, dopo decenni di peregrinazione in un limbo musicale, a trovare un proprio “nuovo” sound. Le virgolette sono d’obbligo perché per trovare questa nuova dimensione i gruppi si sono dovuti rivolgere al passato. Si sono dovuti girare verso quello sono nell’intimo, verso ciò che più visceralmente avevano pubblicato e da qui riprendere il cammino.

Innegabile il buco nero creativo che ha colpito i nostri dalla prima metà degli anni ’90 fino praticamente a quest’anno. È stato un periodo di assestamento piuttosto lungo e travagliato. Un momento in cui non sono stati i soliti nocchieri a guidare, ma chi la sapeva più lunga. E fino ad un certo punto ha pure funzionato. Da quando gli elementi dei gruppi hanno lasciato il comando al business le cose per tutti loro sono andate decisamente meglio, economicamente parlando.

È sufficiente pensare ai due “capolavori” che hanno lanciato i rispettivi gruppi: Metallica e Californication. Dischi praticamente perfetti. Talmente perfetti da risultare di plastica. Talmente ineguagliabili da essere senz’anima. E proprio questo hanno pagato nei decenni a venire i due supergruppi.

Quello che è mancato ai dischi successivi è stata l’anima, l’identità. Cosa che ha l’apparenza di essere tornata nelle ultimissime produzioni, i due singoli appunto. Ascoltandoli si ha idea che i Four Horseman e i Peppers abbiano ripreso la carriera da dove avevano lasciato, più di venti anni fa, portando con sé quelle poche sporadiche esperienze positive che il tempo gli ha concesso. E così ecco un pezzo dei Metallica che richiama Kill’em all ma con i suoni di Death megnetic e il riffing di St. Anger. Allo stesso modo per RHCP che presentano il nuovo disco con un singolo che ottimamente si pone dopo l’immortale e irraggiungibile Blood, Sugar, Sex magic portando con sé il sound più contemporaneo dei nostri ma soprattutto recuperando la loro essenza.

Pare che improvvisamente tutti, o quasi, si siano ricordati di saper suonare e comporre e di avere notevoli punti di forza all’interno della band. Quindi ecco Flea diventare davvero perno del nuovo corso dei Red Hot o Hetfield che “tripletta” come non faceva da troppo tempo seguito da un Ulrich che, seppur con gli oggettivi limiti, lo segue a ruota dando nuovo vita ai passaggi in doppia cassa.

La speranza ora è che non siano due fuochi di paglia ma che i dischi relativi mantengano queste ottime premesse.

Che sia la resa del music business accortosi dell’inconsistenza della musica senza un’anima tra le note?

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