revman

Questa non è una recensione in senso stretto. Stiamo parlando di Attraverso me di Revman, un rapper. Sulle nostre pagine non ci sono recensioni di questo genere perché non ci sono le competenze adeguate per poterle fare. Questo disco fa eccezione per il progetto in sé. Si tratta del primo cd di un rapper… poliziotto. E si, il nostro fa parte delle forze dell’ordine. Questo è già un aspetto particolare. A rendere ancor più interessante il lavoro è che Revman non fa mistero del proprio lavoro.

Anzi. Ne fa vessillo, tratto distintivo. Questo lancia una luce differente sulle canzoni e, soprattutto, sul loro contenuto a livello di testi. Non si tratta di liriche che fanno la morale, dei ‘pipponi’ da parte di un adulto al mondo giovanile. Sono testi personali, che vanno a fondo in un mondo fatto di contraddizioni, di dure prove, di pericoli, paure, ansie, disorientamento. Il tutto, però, affrontato da un punto di vista positivo, costruttivo, di lotta. Il messaggio che emerge è di non arrendersi nonostante tutto.

Di non mollare pur nelle prove più dure della vita. Ancor. Si parla di identità, personale e regionale. Sono le parole di una persona che ha vissuto, ha visto molte esperienze diverse, non sempre positive, eppure non si è arreso. Non si è lasciato fagocitare dalle situazioni. Soprattutto, non si è lasciato scivolare nell’autolesionismo, nel lamento senza reazione.

Da un certo punto di vista descrivere solo l’aspetto negativo della vita è fin troppo facile. Difficile o, più difficile, se vogliamo, è trovare delle soluzioni, dei motivi per uscire da quelle sabbie mobili. Revman lo fa. Analizza condizioni diverse, problemi personali, sociali, ambientali, e prova a suggerire un modo diverso di affrontarli. Non dà delle soluzioni, non potrebbe e non sarebbe neppure giusto. Offre delle alternative. Fa forza sulla possibilità di poter scegliere.

C’è sempre una scelta, per quanto dura e difficile. E non è arrendersi. È lottare. Ma farlo in un modo positivo, aggressivo nel senso di tenace, duro. Tutto questo lo si evince solo dopo diversi ascolti. Soprattutto lo si capisce quando si superano i pregiudizi. È anche questo il senso di questa recensione. Questo disco non è il tentativo da parte delle istituzioni di ‘agganciare’ le nuove generazioni. Non siamo di fronte ad un debole tentativo di comunicazione.

È un lavoro vero sentito. Da ribadire, non si tratta di filippiche, di discorsetti. Se l’hiphop è cantare la vita vissuta, esperienze vere, questo disco ne rispetta appieno lo spirito. Non avendo una cultura su questo genre aggiornata ai gorni nostri, non posso dire se è un disco degno di nota, migliore di altri, peggiore, o che si perde nel mare di produzioni quotidiane. Certo è che poche volte mi è capitato di sentire un rapper positivo, che non si limita a descrivere il proprio dolore e non il modo in cui è riuscito ad uscirne.

Già solo questo pone questo disco sotto una luce diversa. Molti dicono di cercare dei contenuti nei testi. Con questo lavoro avranno trovato molti spunti. Anche nella modalità di trasmissione dei concetti. Diretto, senza fronzoli, senza metafore articolate, come è giusto che sia. Stilisticamente non è un dico monolitico. Dà spazio ad influenze diverse e a qualche spruzzata rock blues. Nulla di eclatante, ma quanto basta per essere vario.

Potrà essere fuori genere, ma è un disco che almeno una volta va ascoltato. Giusto che capire come i temi dei testi possono variare ed andare oltre lo sfogo momentaneo di un periodo no.

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