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Tempi Dispari

La musica della porta accanto

Winter Dust, un disco catartico il loro ultimo

Intenso. Questo l’aggettivo che descrive al meglio l’ultimo lavoro dei Winter Dust, Uni-sono. In tutto, intenso, dalla musica ai testi, dal cantato alla dinamica strumentale. Per dare dei riferimenti stilistici potremmo indicare uno shoegaze immerso nell’hardcore punk. Il disco nella sua interezza è molto dinamico. Sono continui i cambi di tempo e atmosfere. Da cavalcate elettriche si passa a frangenti sereni, con suoni puliti. Sono solo attimi di tregua. Molto buona la produzione che riesce a tenere distinti i soni in ogni momento, soprattutto in quelli più concitati. L’intero lavoro riesce a tenere sempre viva una vena di inquietudine, di ‘nervosismo’. Finanche i momenti di calma non rilassano.

I testi, in italiano, perfettamente si adattano alla musica. Quest’ultima diventa umorale, come le parole. Sale e scende in continuazione come la narrazione impone. La capacità di scrivere ai Winter Dust non manca. Ottimamente riescono ad esprimere il sentire che da cui sono scaturiti i brani. Il genere non vuole troppi merletti, e non ce ne sono. Le canzoni, seppure ben strutturate, non hanno interludi che lasciano spazio ad a solo. Gli unici sprazzi strumentali sono quelli che servono al testo. Sono accenti sulle parole e per i concetti espressi. Questo è particolarmente evidente in Buio Presto, dove compare anche una voce femminile a fare da contrappunto. Molto buon il contrasto tra i due cantanti.

Voce femminile calma, voce maschile decisamente no. Durante l’ascolto si è travolti da un muro sonoro da cui fanno capolino melodie inattese, sprazzi luminosi in un contesto che ha ben poca luce. I tappeti di tastiera danno quella finestra necessaria per tirare il fiato. Una delle caratteristiche che meglio definisce la band è uno stile identificabile. Impossibile non riuscire a riconoscerli tra mille. Più che apprezzabile il lavoro della batteria. Spesso non è ritmica in maniera canonica quanto percussiva. Si ascolti Due novembre per avere un’idea precisa. La stessa canzone dà un ottimo spaccato sull’alternanza delle due voci e sulle atmosfere che queste dominano. Non è un disco per nulla immediato.

E i motivi sono diversi. Uno di questi è senza dubbio lo stile del cantano. Quello maschile è praticamente sempre urlato, pur mantenendo una parvenza di melodia. Ecco, se si volesse trovare non una pecca ma un appunto, potrebbe essere questo. Pur vero che questo stesso aspetto è forse il più caratterizzante della band. Resta il fatto che per interiorizzarlo servono tantissimi ascolti. Inizialmente può risultare esagerato, quasi fastidioso. Superato lo scoglio e contestualizzato rispetto ai testi, si capisce che le parole lo richiedono. Forse non in maniera così forsennata e insistente, ma lo richiedono. Sarebbe interessante vedere questi ragazzi dal vivo per avere idea della resistenza del cantante. Deve essere difficile tenere quello stile per un intero concerto.

In conclusione: come detto in apertura un disco intenso, che porta e scatena forti emozioni, quello dei Winter Dust. Non certo un lavoro per tutti. Né un cd da mettere come sottofondo per attività serene. Va benissimo e dà la giusta carica in allenamento, in un momento in cui si sente la necessità di sfogarsi. È, in ogni caso, uno spaccato dell’animo umano, della sua parte più sofferente. È la voce di quei momenti di disperazione dove non si sa dove sbattere la testa. È un disco catartico, se così vogliamo definirlo. In quanto tale non è solo intrattenimento. È molto molto di più.

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