Gli Scuorn sono tornati più volte nelle segnalazioni delle playlist per TD Radio. Incuriositi, li abbiamo ascoltati meglio. Folgorati! Fantastici! L’unione di black metal sinfonico con la tradizione napoletana è quanto di più interessante e stimolante ci possa essere. Soprattutto, fatto ai livelli dei partenopei. Un disco che colpisce, sia per impatto sonoro sia per narrazione. Il dialetto napoletano incredibilmente si presta alla base black sinfonica dei nostri.
La musicalità del dialetto dona atmosfere intriganti, diverse dal solito. Senza nascondersi dietro un dito. Il black metal troppo spesso è troppo monolitico, autoreferenziale. Gli Scuorn sono usciti da questo pantano per proiettarsi verso orizzonti inesplorati. Non che l’unire il dialetto al black sia cosa nuova, ma in napoletano ci sono pochi esempi. Ancor meno ce ne sono di unione di strumenti e musica tradizionale. Neppure i Contropotere di Nessuna speranza nessuna paura, o gli Jacula, anche se in contesto differente, erano arrivati a tali vette.
Il disco degli Scuorn è un lavoro fortemente visivo, evocativo. Le orchestrazioni, i corsi, il cantato trasportano l’ascoltatore in un film. Un lungometraggio oscuro, notturno, animato da figure sinistre, lune piene, acquitrini. Parthenope, questo il titolo del disco, ha una collocazione temporale ben precisa. Si rifà al mito delle sirene trasformate in scogli per non essere riuscite a fermare Ulisse. La musica crea esattamente quel tipo di atmosfere. In modo crudo, diretto, rabbioso, come genere impone. Ma anche ‘ambient’. Il termin in questo caso ha un significa letterale più che musicale. Le atmosfere variano grazie a continui cambi di tempo. Non è tutto un blast beat.
Arpeggi sinistri si insinuano in sfuriate black costruendo scene dalle tinte forti. Tutti i canoni del genere sono si rispettati, ma in maniera del tutto personale. La formula espressiva è stata scelta proprio perché ben si sposa ai testi e alla narrazione. Come avviene all’interno di un film, si passa da sequenze di battaglia, a momenti di pura tensione. Da passaggi più strettamente descrittivi a fasi concitate. Si ascolti Megaride per avere un’idea precisa di questi passaggi. Se si dovesse un brano che spicca sugli altri, citerei senza ombra di dubbio la title track e Averno.
La prima per l’incedere e il ‘cantato’ che non esiste. È tutto recitato. Diverse le voci in campo. La scena descritta è il climax narrativo. Ulisse che si fa legare all’albero maestro per ascoltare il canto della sirena. Tutto recitato in vernacolo. È un brano molto intenso, coinvolgente, struggente. Ascoltandolo si ha la netta sensazione di essere presente allo svolgimento dei fatti. Il secondo brano, Averno, strumentale, spicca perché è una canzone praticamente folk. Un folk oscuro, teso, tribale.
Un brano che ‘appesantisce’ le atmosfere in vista del finale brutale. Per avere un riferimento stilistico si deve pensare alle migliori opere delle band di black sinfonico. Dai primi Credle of Filth, passando dai Dimmu Borgir, Old man’s child e Bal Sagoth. Solo indicativamente. Devono essere tenuti presenti tutti gli aspetti caratteristici sopra citati per farsi un’idea. Ma più che le parole è l’ascolto ciò che può far capire in maniera esauriente. Non è un disco adatto a tutte le orecchie. Se non si è abituati a determinati suoni può risultare un ascolto disagevole. Oltre a ciò si deve possedere un forte amore anche per la musica classica, sinfonica. Se questo manca, manca buona parte della chiave di lettura.
Concludendo. Grand bel disco. Non immediato, duro, senza compromessi. Questo non deve però ostacolare l’ascolto. Non conoscerlo farebbe perdere una grande musicale, letteraria se vogliamo. Un lavoro veramente ben fatto, ottimamente strutturato, perfettamente suonato e prodotto. Una menzione va proprio alla produzione. Riuscire a tenere i suoni distinti in un contesto così complesso non deve essere stato facile. Il risultato è un full lenght potente, senza tentennamenti, senza pecche o impasti sonori caotici. Anche nei frangenti più veloci gli strumenti si riescono a distinguere tutti. Come primo approccio sulla lunga distanza un operazione perfettamente riuscita. Ora non resta altro che gustarlo ad libitum, e ogni ascolto non farà altro che stimolare ancora di più la fantasia, e aiutare a scoprire anfratti sempre più profondi ed inquietanti.
Da non perdere.