Altrove

Suggestivo, intrigante, per nulla scontato. Questo è Tossica animica, il primo disco di Altrove. Impossibile dare un’indicazione stilistica univoca. Beat afro, elettronica, cantautorato, accompagnamenti minimali, acustici, venatamente bluesy. Tuttavia ciò non è sufficiente per descrivere il disco nel suo insieme. Ogni brano è una narrazione a sé stante. Così come molteplici sono i temi che i testi, in italiano, toccano. Come ben spiega la stessa autrice: ‘le grandi sfide della nostra contemporaneità, come la diversità, l’identità, l’emarginazione, la libertà di scelta, la violenza di genere, accanto a fragilità, ispirazione, volontà e creatività e molto di ciò che rende gli esseri umani ciò che sono, nel bene e nel male’.

Ancora. Si alternano a basi melodiche dei ‘semplici’ (virgolette d’obbligo) speech. Da un brano intenso, caratterizzato da una base ridotta all’osso come Ai margini, si passa ad atmosfere sospese tra il reggae e il jazz di Miele. Il brano cambia nel suo evolvere mutando in un canto afro introdotto da un passaggio in lingua inglese. Si arriva poi a Vai a. Melodia, chitarra acustica, percussioni accompagnano l’estrema melodia del cantato. Tuttavia, proprio quando sembra di aver capito dove il brano sta andando a parare, si insinua un cambiamento di atmosfera che porta alla reprise delle suggestioni iniziali. Si possono sentire le reminiscenze del primo ironico Finardi nell’andamento del testo. La canzone successiva, Ispiration love blues, cambia ancora. Blues funkyeggiante con il basso che determina un ritmo coinvolgente e percussivo. Spiazzante anche l’utilizzo della voce, fuori dagli schemi classici.

Si arriva poi ad uno dei brani più suggestivi del disco, La terra all’uomo. Un dialogo tra il pianeta e l’essere umano. Non c’è cantato. È uno speech in metrica con una lodevole ricercatezza ritmica e terminologia. A rendere la canzone più interessante è il testo, il sou significato. Una denuncia della condizione umana completamente avulsa dal contesto in cui l’essere umano agisce. Da un certo punto di vista questo brano fa da spartiacque del disco. Le atmosfere delle composizioni suggestive si fanno rarefatte. Subentrano accompagnamenti di archi, crescendo. Viene eliminata la parte percussiva delle basi. In particolar modo in Radicantico. La voce si adegua di conseguenza. Si susseguono sovrapposizioni di cori.

Il cantato si fa leggero, quasi un vocalizio. Fa capolino anche il richiamo al canto popolare. Questo esplode a circa metà canzone con un ritmo di tarante incalzante. Tornano le percussioni, la voce canta meno, diventa narrante. Come un brano flolkloristico. I violini incentivano la suggestione grazie a scorci non melodici. Il finale è un crescendo anche di velocità dove la canzone si trasforma in uno stornello che poco stonerebbe nella festa di Triora, il paese delle streghe. Si succede il secondo speech. Le modalità sono simili al precedente. Base minimale alternata ad attimi in cui c’è la sola voce. Ancora si cambia. Si ripresentano i cori. La voce si fa quasi rabbiosa per poi tornare a raccontare come Vivere di arte.

Il finale è affidato ad una delicatissima Ninna nanna. Solo chitarra e voce. Innegabile il richiamo a Angelo Branduardi.

In conclusione. Un gran bel disco. Variegato, intrigante, non immediato. Testi poetici e impegnati ma non per questo pesanti. Grande capacità interpretativa di Altrove. Un melting pot di musica, suggestioni e stimoli. Un lavoro adatto a tutti. In particolar modo consigliato a chi ha incessante fame di novità, di contaminazioni, di nuovi panorami musicali. Per tutti quelli che cercano un ‘altrove’ presso cui rifugiarsi.

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