giulio spagnolo

Ritmo, ritmo, e ancora ritmo. Questa la caratteristica principale del disco di esordio di Giulio Spagnolo, Beato chi. Ritmo latino (non reggaetone, ovviamente), cubano, mariachi quasi anche nelle ballate. Otto tracce che hanno la capacità di far ballare con la mente pensante. I testi, in italiano, toccano temi contemporanei che vanno dalla cronaca al senso della vita.

Mai banali, ricercati anche da un punto di vista ritmico. La lezione potrebbe essere quella di Gaber o Capossela o, andando più indietro, di un Buscaglione. Ma non finisce qui. Si inseriscono venature manouche, zingare che danno ancora più movimento alle canzoni. Anche con parti di cantato in francese. Nei testi fa capolino, quasi inevitabilmente, l’ombra del Tom Waits meno malinconico e più ironico. Molto azzeccati gli arrangiamenti, orchestrali per la maggior parte.

Ottimamente dosati gli inserti di fiati mixati a parti dominate dalla chitarra acustica. Un disco arioso, colorato, solare che vede un ottimo crossover di ritmi coinvolgendo anche lo ska. Easy listening, non per questo non impegnato. Tutt’altro. Le parole, una volta appresi anche solo i ritornelli, fanno breccia nell’anima portando alla luce nervi scoperti sia della società sia personali.

Azzeccata la scelta di lasciare la chiusura del disco ad un brano in dialetto salentino supportato da un mix strumentale tra chitarre distorte, ritmi di tarantella e fiati. Senza dimenticare i cori perfetti per le esibizioni dal vivo.

Scegliere un brano rispetto ad un altro è difficile. Ogni canzone ha una storia a sé. Dovendone segnalare uno, Dio e l’uomo. Col suo andamento lento, tragicamente in minore, il cantato recitato più che melodico, il climax corale del ritornello, l’accompagnamento dei fiati caratterizzato da note diluite, lunghe, seppur ritmate, l’alternarsi di parti piene a frammenti con accompagnamento essenziale, non può non colpire.

In conclusione: quello di Giulio Spagnolo è un disco di cantautorato come non se ne sentono tanti. Non ha come tema centrale rapporti finiti male, nostalgiche gite in barca mano nella mano. O notti stellate trascorse a pensare alla storia appena terminata con gli astri che richiamano gli occhi del partner.

Un disco per chi ama il ritmo, non importa a quale genere musicale appartenga. La buona musica sincera, che pensa che le note non siano solo intrattenimento ma abbiano un ruolo più importante a livello sociale. Un disco ad appannaggio di tutti, non solo di chi ama il mondo del cantautorato. Consigliato anche ai cultori della musica estrema che possono trovare spunti interessanti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *