carovana tabù band

Freschi della pubblicazione del loro secondo disco (recensione) dedicato a Miles Davis, i Carovana Tabù spiegano come è nata l’idea di dedicare l’intero lavoro all’artista newyorkese, come è nato e si è evoluto il il disco, il piacere di suonare un una band con influenze differenti e, a volte, lontane.

Una presentazione per chi non vi conosce
Siamo una band composta da otto elementi, più precisamente potremmo definirci una “small
band” in senso jazzistico, poiché ci dividiamo a metà fra sezione ritmica e sezione fiati.
Musicalmente parlando siamo dunque una small band moderna in riferimento al fatto che
non suoniamo “jazz” nel senso più radicale del termine. Nella nostra musica confluiscono
generi, ispirazioni e trascorsi diversi e distanti spesso l’uno dall’altro. Ci piace definire questa
come nostra qualità.

Entriamo subito nel vivo: da dove è nata l’idea del disco? Perché proprio Davis?
L’idea del disco è arrivata in occasione del trentennale della morte di Miles Davis, ma più in
generale dalla volontà di omaggiare un artista comune fra tutti noi, che dunque a dispetto
delle nostre diverse estrazioni musicali fungesse da comune denominatore. Inoltre Miles Davis
ha vissuto ere musicali differenti, dal tradizionale al moderno, progressista, rock, jazz, swing e
hiphop.
Anche questo ci ha spinti a tentare la sperimentazione con un artista idealmente affine
all’eterogeneità musicale.

Per voi, la musica è così visuale e visionaria?
Assolutamente sì, crediamo che la musica possa evocare immagini ed emozioni, momenti ed
atmosfere che inspiegabilmente riescono a toccare chiunque, essendo l’arte del suono un
linguaggio universale. Con l’ausilio di immagini e video, come accade proponendo Miles To
Go dal vivo, l’esperienza diventa avvolgente e tridimensionale. Ci piace pensare di poter
entrare trasversalmente in più prospettive dell’esperienza del pubblico. Nel teatro si “rompe
la quarta parete” quando l’artista comprende nella propria azione il pubblico presente.

Avete tutti background differenti che nel disco vengono amalgamati. Qual è stato il momento
più difficile di questo processo e quale quello più bello?
Questa è una domanda curiosa! Non abbiamo mai analizzato in questi termini il processo
creativo per Miles To Go, che è stato davvero lungo e complesso. Indubbiamente
l’eterogeneità propria dei Carovana Tabù rende ogni meccanismo creativo puntualmente più
intricato del previsto, Stefano Proietti (pianoforte e tastiere) ha scritto ogni arrangiamento
dell’album e ha poi composto Dancer insieme ad Andrea Albini (chitarre) e New York By
Night a Giacomo Cazzaro (sax alto e baritono), i quali sono due dei tre inediti presenti.

A causa delle distanze (veniamo da otto parti diverse d’Italia) e del momento storico, dato che
eravamo in pieno lockdown per il covid-19, il primo confronto sulle prime idee di
arrangiamento è stato fatto in videochiamata. Indubbiamente, è stato questo il momento più
difficile.


Cercare di rendere chiare le proprie idee è stato in quel momento molto difficile per ognuno di
noi. Successivamente abbiamo deciso di registrare in demo, a distanza, l’intero album. Queste
demo sono state ascoltate da Fabrizio Bosso che ha approvato il quadro che si era delineato,
dando assenso completo e donandoci un forte incoraggiamento.

Da quel momento ha cominciato dunque a definirsi il carattere del lavoro che stavamo svolgendo, dato che ognuno di noi a quel punto ha potuto liberamente interpretare le proprie idee rendendole tangibili agli altri. Si può dire che da qui abbiamo potuto lavorare in discesa, arrivando a registrare l’intero
album, per la seconda definitiva volta. Il momento più bello è stato senza dubbio l’ascolto del
mix completo in studio presso i LOAD di Roma in cui siamo stati assistiti dal lavoro
magistrale di Stefano Del Vecchio al mixer.

Registrata New York By Night abbiamo letteralmente spento le luci in regia e ci siamo goduti
il viaggio.

Non vi chiedo quale sia il vostro brano preferito di Miles Davis (se lo voleste dire sarebbe bello)
ma quale sia la canzone preferita del vostro disco, se c’è, si. Coincide con quella che vi trasmette di
più quando la suonate?
Non credo sia possibile definire il nostro brano preferito di Miles, ci sono inoltre dei brani che
non abbiamo riproposto e che avremmo voluto rielaborare, ma un po’ per mancanza di tempo
e un po’ per non rendere Miles To Go una greatest hits di Miles, non li abbiamo inseriti.
Possiamo però affermare che fra tutti i brani, New York By Night è quello più sentito e vissuto
da noi, poiché rappresenta il punto focale e il sunto dell’album. Poi chiaramente ognuno di noi
ha le sue preferenze. Confrontandoci, anche qui, abbiamo riscontrato disomogeneità!

Spulciando in rete ho trovato un vostro omaggio a Pino Daniele. Quanto ha contato l’influenza
mediterranea nel vostro percorso? Vi sentite in qualche modo (per certi versi ne siete molto affini) a
realtà tipo Napoli centrale (formazione storica)?
Anche il nostro primo disco è un omaggio a vari artisti che ci hanno segnato e accompagnato,
fra cui Pino Daniele. Da adesso in poi la volontà è di esprimere la nostra musica originale,
come indicato dai tre inediti finali di Miles To Go. Da italiani quali siamo la matrice
mediterranea è imprescindibile. Pino è riuscito più di chiunque altro a fondere questo
carattere con la musica afroamericana e il pop, toccando un pubblico vastissimo, sacro e
profano. Siamo onorati di essere accostati ai Napoli Centrale, è la prima volta che ce lo
sentiamo dire ed è inebriante, contando l’importanza e il risalto musicale della formazione
partenopea. L’unicità di Pino Daniele e dei Napoli Centrale è nelle orecchie di tutti. Lo scopo
finale fondamentale dei Carovana Tabù è analogo: fondere le varie influenze in favore di
qualcosa di inedito. Sarebbe bello catalogare un suono “Carovana”
ed è quello che cerchiamo di ottenere ogni volta che ci ritroviamo e suoniamo insieme.

Qual è lo stato di salute della musica in Italia, secondo voi?
Ci sono troppe sottocategorie su cui poter dibattere…qualità musicale, lavoro musicale,
didattica, cultura e molto altro. Provando a dare un giudizio generale, possiamo dire che
siamo un paese pieno di artisti qualitativamente non inferiori ai colleghi anglofoni, non
abbiamo nulla da invidiare loro. Se parliamo di cultura, è invece curioso notare come si sia
persa purtroppo, proprio qui, nel Paese che in qualche modo ha inventato questo mestiere e
questa arte. La differenza sostanziale è proprio qui. Non essendoci cultura musicale di base è
spesso difficile farsi ascoltare, emergere e soprattutto evolvere. Sin dalla più tenera età si è
abituati ad ascoltare musica fuorviante, di “plastica”, che comporta una distorsione del
concetto stesso di musica in età più adulta. Mettiamola così: in Italia riconosciamo tutti se un
cibo è più o meno buono, poiché la nostra cultura ce lo insegna fin da piccoli; negli USA tutti
riconoscono di quale matrice qualitativa sia composta la musica che ascoltano, poiché è per
loro semplice e pura cultura di base.

Avete altri progetti oltre i Carovana Tabù?
Ognuno di noi coltiva i propri progetti, talvolta in altri gruppi, talvolta singolarmente. Molti
di noi hanno avuto e continuano ad avere esperienze orchestrali, in studio come turnisti o in
tour. In ogni caso fra noi non abbiamo altre situazioni lavorative, attualmente quando ci
ritroviamo è esclusivamente per i Carovana Tabù e ne siamo felicissimi.

E’ più difficile essere jazz o rock (non solo musicalmente, ammesso voi vi sentiate jazz o rock
nella vita privata)?
Crediamo che i tempi di queste divisioni siano terminati, la musica è una ed è bella quando è
fatta bene, a prescindere dal genere. Chi meglio di noi può dirlo! Nel nostro gruppo
confluiscono musicisti classici, jazz, pop, rock, funk, elettronici, soul. Non abbiamo limite ai
generi. In realtà crediamo che sia difficile anche essere solamente musicisti! Però il crossover
fra le due scuole di pensiero ci ha sempre affascinato…

Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi venisse rivolta?
Nessuno ci ha mai chiesto quali sono le cose che amiamo di più dell’essere parte dei Carovana
Tabù. Per tutti noi essere parte di questo gruppo è un’occasione di crescita. Crescita musicale
sicuramente, ma soprattutto crescita umana.

Se foste voi ad intervistare, ipotizzando anche di avere una macchina del tempo, chi
intervistereste e cosa gli chiedereste?
Ognuno di noi ha influenze e passioni musicali diverse quindi ognuno intervisterebbe persone
diverse, anche questo è il bello della nostra formazione.
Forse ci accomuna il desiderio di intervistare Miles Davis, dopo il lavoro che abbiamo
costruito su di lui sarebbe meraviglioso sapere la sua “versione dei fatti”.

Un saluto a chi vi legge e una raccomandazione
Grazie per aver letto fino ad ora la nostra intervista, se lo avete fatto vuol dire che la curiosità
per dei ragazzi che vogliono emergere e farsi sentire è viva, e questo è meraviglioso. Speriamo
e auspichiamo che questo sentimento rimanga sempre vivo.

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