La storica dark/gothic band della Capitale si esibisce dopo 8 anni di assenza dai palchi

Report di Francesca Di Ventura

30 Marzo 2015

C’era una volta il dark a Roma. E c’è ancora, più vivo, pulsante, e determinato che mai. Un folto popolo in nero che ha accolto con entusiasmo ed eccitazione il ritorno live degli Artica, storica band portavoce nella Capitale del gothic dark/new wave.

E il quintetto non ha deluso le aspettative, piuttosto ha dato prova di professionalità ed abilità comunicativa rare, compendio di tecnica e classe per un genere che vede nella evocazione e nella psichedelìa dell’atmosfera i suoi elementi distintivi.

Il Traffic ha omaggiato il rientro sulle scene della band dedicandole interamente lo spazio live della serata, consentendo agli Artica di ripercorrere 25 anni di onorata carriera e pregevole produzione discografica, e dichiarare ai fans la loro volontà di riaffermare con prepotenza il proprio valore, recuperando le proprie radici ma con lo sguardo al futuro attraverso nuovo materiale.

Artica.

Nell’aria rarefatta, tra i fumi che sul palco si tingono di un grigio blu inquieto ma carico di attesa, si fanno strada gli Artica, accompagnati dalle note del loro prologo strumentale, “Nebbia”, pezzo composto dal batterista Sfefano Marcon.

La stoffa della band si evince già dalla scelta del pezzo di apertura. Dopo anni di silenzio, la scelta più prudente di un gruppo con una storia tanto gloriosa sarebbe stata un brano tra i loro più amati, e invece gli Artica decidono audacemente per “Evanescent”, pezzo nuovo, non contenuto in alcuno dei 3 album, e da esso si evince l’intenzionalità della band: siamo tornati, e abbiamo tanto da dire, abbiamo un passato ma anche un presente ed un futuro, tanto di nuovo da raccontarvi.

Il sound è curatissimo, pulito e ideale anche nei volumi. La voce di Alberto Casti, malinconica, profonda, arricchita sempre con l’effetto ottimale in maniera puntuale, trascina superbamente l’ascoltatore nell’inquieto mondo dei suoi turbamenti. Il viaggio prosegue con altri 2 brani inediti, “Hellhead”, e “The solitary”; gli Artica sono lì, concentrati, e nel loro algido silenzio tra un brano e l’altro c’è una abilità comunicativa non comune. La tensione con l’audience è altissima, “Plastic terror”, tratta dall’omonimo album del 2006 e l’inedita “Ashes” si susseguono, e non c’è bisogno di parole, parlano a sufficienza gli accordi scuri delle strofe di Gabriele Serafini mitigati dalle aperture dei chorus, in tipica chiave dissonante gothic/dark. In “Angelica” la drammaturgia della voce di Casti ha il suo climax, greve e penetrante a cavallo tra un Enrique Bunbury  di “Entre dos tierras” e un Chris Isaak di “Wicked Games”.

Ma il vero protagonista del dark è il basso, e Federico Marigliano è un interprete talentuoso, preciso, presente, in simbiosi con Marcon, incalzante, coinvolgente.

Il viaggio prosegue con “Dream”, “Engel”, “The cave”, “Batsong”, tutti inediti a parte “Engel”. Le atmosfere cupe sono assicurate dai tappeti di tastiera eseguiti con eccellenza da Massimiliano Bonavita, pantaloni di pelle, camicia scura lucida e cappello per un impatto scenico assicurato.

Gli Artica sono una macchina minuziosamente messa a punto; l’assenza dai live non ha minimamente scalfito la simbiosi dei suoi componenti, e la voglia della loro musica è urlata a gran voce dal pubblico quando, terminati gli ultimi due brani, “Cenere ed “Indomita”, i ragazzi si avviano verso il backstage.

Desiderati ed acclamati, gli Artica non si fanno attendere. E ll leader si lascia alfine andare a qualche considerazione. Con il volto disteso, l’adrenalina in circolo nel sangue ma non più inibitoria, Casti ringrazia e annuncia “7 anni”. Ma il pubblico ne vuole ancora, e sfidando il dj già pronto ad entrare in azione, un Casti oramai liberato dall’ansia da prestazione e armato di solo microfono delibera l’esecuzione di “Aggressione”, per l’interpretazione del cui chorus chiede ausilio al pubblico, e dell’amatissima “Sarajevo”, con la quale gli Artica salutano, abbracciati l’uno all’altro, soddisfatti, un pubblico ancora caldo e a sua volta riconoscente.

Gli Artica sono un esempio di come a volte bisogna sapersi fermare, per poi riprendere il cammino con maggior vigore e determinazione. Saper dare valore al silenzio, per avere ancora di più da dire.

Gli Artica sono:

Alberto Casti – voce, chitarra

Massimiliano Bonavita – tastiere

Gabriele Serafini – chitarra

Federico Marigliano – basso

Stefano Marcon – batteria

https://www.facebook.com/articaweb

www.articaweb.eu

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