Praticamente da sempre si è sbandierata ai quattro venti la mitologica leggenda che nel metal esiste una compattezza, un’unione che non si trova in nessun altro movimento, o quasi. Ma davvero è così? Veramente i metallari sono talmente compatti da formare un corpo unico, indissolubile e fortissimo? Davvero non ci sono spaccature dissidi, competizioni di sorta? Sul serio l’underground è così fortemente unito?
La risposta è no. Non è vero. Sono fandonie che si raccontano da una vita. Il bello è che le divisioni interne, le lotte intestine, si sono verificate fin da subito. Tu ascolti glam quindi non capisci nulla di musica. Quelle sono band per ragazzine. Oppure, se ascolti thrash ti piace il rumore. O ancora, se senti black sei satanista e un disadattato e così via. E sono guerre che sono continuare per anni. Fino a quando il mondo metal ha iniziato a collassare commercialmente e ci si è resi conto che forse certe distinzioni erano inutili. Tuttavia la fratellanza tanto diffusa, non si è ugualmente creata.
Sono emersi i defenders, ossia quelli che difendono a spada tratta tutto ciò che fa parte del mondo metal. A prescindere. Se si tratta di classici, chiunque è diventato intoccabile. Che si parli di Cannibale Corpse o di Kiss, dei Death o dei van Halen, non sono criticabili. Quantomeno da chi lo fa esternamente al panorama di riferimento. Tuttavia la mentalità non si è modificata.
Anzi, si è incancrenita trasformandosi in una inutile quanto stucchevole gara a chi ne sa di più, chi ascolta le band più complesse, solo quelle fanno vera musica, per finire con chi conosce il gruppo più sconosciuto del mondo che se solo emergesse farebbe sfaceli. E si combatte a suon di critiche, post, risposte caustiche, commenti al vetriolo. Dov’è finita la fratellanza, la compattezza, il rispetto per le opinioni altrui? Nella lotta al celodurismo.
Non va poi dimenticato tutto il sottobosco underground dove queste guerre sono all’ordine del giorno. Soprattutto sono inasprite da scontri diretti, boicottaggi. Sono alimentate da invidie e inutili paragoni. Se il gruppo x di persone che conosco diventa famoso più del gruppo y in cui suono, non è per merito, ma è per fortuna. Chi sa chi hanno pagato per arrivare fin o a lì. Si sono commercializzati e quindi fanno musica di poco valore. Diversamente non sarebbero mai riusciti ad emergere. Noi si che siamo puri. Non ci venderemo mai alla commercializzazione. Siamo coerenti, noi.
O, ancora: perché dovrei andare a sentire la band tal dei tali e far crescere il loro pubblico quando alle mie serate ci viene poco pubblico? Non ci vado. Siamo tutti nella stessa barca. Poco pubblico noi, poco pubblico loro. E poi sono degli sfigati venduti. Proseguendo: perché dovrei collaborare con tizio? Solo perché è più bravo di me? Se ci lavoro assieme poi vengo sminuito. Poi: ma hai visto il gruppo Caio? Si sono messi a fare i video sui social.
Che sfigati. Invece di pensare a suonare e a promuovere la propria musica fanno i finti creator. Tanto lo sanno tutti che è inutile e che il fenomeno web prima o poi si sgonfia. I loro brani così girano? Si ma tanto poi non se li cagherà nessuno nei live. Salgono gli ascolti sulle piattaforme di diffusione musicale? Hanno gonfiato i numeri di sicuro. Oggi si possono comprare i like e gli apprezzamenti. E così via. Che fratellanza è? Dove sta il supporto? Dove la compattezza? Per fortuna non tutti sono così.
Ma la maggior parte si. Eppure, consci di ciò, in ogni caso ci si fregia della favoletta dell’essere uniti sotto un’unica bandiera. In verità esiste un caso in cui ciò accade. Quando si deve difendere il mondo rock e metal dagli attacchi esterni. In quel caso tutti compatti, o quasi. Tutti pronti ad issare barricate bucherellate e traballanti contro il nemico comune. La verità è che il ‘pericolo’ non arriva da fuori. Non è un fenomeno esterno a star distruggendo mondo metal.
Come Cripton, mondo metal sta implodendo a causa delle guerre intestine. L’aspetto peggiore è che nessuno fa nulla. Va tutto bene. Siamo una grande famiglia… con i coltelli in mano. Una famiglia pronta ad affogare chi sta annegando o a tirare giù a forza chi sta prendendo il volo. Sarebbe ora di smetterla di raccontarci frottole, di attaccarci ad una realtà che ci piacerebbe esistesse ma che non c’è e non c’è mai stata.
Si dovrebbe prendere atto che per fare il bene della musica che tanto si ama, o si dice di amare, si deve invertire la tendenza. Il problema è che questo modo di fare è talmente incancrenito, solidificato, che smontarlo senza un’azione congiunta è impossibile. E un’azione congiunta non si può fare perché, alla fin dei conti, a pochi interessa davvero della musica. Meglio inutili lotte.