quintessenza

Tante volte il termine alternative è fuorviante. Le sonorità appartenenti al genere sono ben precise, delineate da non poter essere confuse. Eppure accade. Quando poi si ascoltano i dischi, ci si rende conto che sono tutt’altro. Per i Quintessenza è così. La band si presenta come alt metal. Le sonorità, la struttura, perché no, la perizia, non rientrano in quel genere. O, se si preferisce, li allontanano. Personalmente definirei il disco dei nostri più come un hard rock contemporaneo. Molto ben suonato, arrangiato e prodotto. Cantato in italiano. Per certi versi richiamano i Timoria migliori, il che non è poco. Contrariamente al gruppo di Renga e company, i nostri sono più variegati.

La base resta rock, ma le influenze e le alternanze sono decisamente ampie. Il disco apre con una introduzione elettrica di poco meno di due minuti. Tanto basta a delineare le coordinate generali del lavoro. Si parte con una base percussiva di chitarra, basso e batteria. Una voce filtrata recita una frase. Dopo di che il brano si apre. Chitarre in power chord liberi disegnano la melodia. Si alternano passaggi con ritmiche mute che ben spezzano l’andamento. Una ritmica serrata porta alla chiusura. Vola via è un prosieguo del primo brano. Ma subito cambia. L’intensità si affievolisce per lasciare spazio alla voce accompagnata dal basso e dalla chitarra pulita in arpeggio. Il ritornello è elettrico.

Power chord liberi alternati ad arpeggi distorti. La sovrapposizione di pulito e distorto fa da base alla seconda strofa. Tensione che esplode nel ritornello. Ottimo il break per il solo. Il ritmo rallenta. La chitarra si stacca su note veloci. La reprise è a pieno ritmo su un fraseggio diverso. Uno special che sfocia nuovamente nel ritornello. Il finale è a piena velocità con un secondo intervento solista. Il filo cambia del tutto atmosfere. L’intro è affidato alla sola chitarra pulita accompagnata da un vocalizzio. Scoppio elettrico con l’ingresso della chitarra. Notevole il lavoro del basso che segue una linea propria.

La medesima linea che rimane iterante sulla strofa mentre la sei corda si destreggia su armonici naturali. Il ritornello riporta su coordinate di rimiche piene. Le due fasi si alternano. Questa volta prima del refrain c’è uno stop con solo basso. Un passaggio veloce che dona movimento al brano. La composizione muta ancora. Stop and go porta ad una base di batteria percussiva, basso presente, chitarra su armonici e voce su vocalizzi. Continuano gli stop and go creando un andamento ritmico coinvolgente. Notevole il lavoro della voce sulle battute finali. In aria di ballata hard rock la successiva 27 anni. Arpeggio di chitarra, batteria minimale. Note sparse della seconda chitarra a creare atmosfera.

Il ritornello cresce intensità e di tensione diventando elettrico e a ritmo sostenuto. Ottimo il connubio testo andamento strumentale. Allo stesso modo azzeccata la scelta della seconda chitarra in a solo sotto il cantato. A metà circa cambio di passo. Ritmica cadenzata di una delle due sei corde. La seconda tiene power chord aperti. Preambolo dell’a solo teso, lento, bluesy. La reprise è sul ritornello che tiene la medesima struttura precedente. Sul finale entra un nuovo riff di chitarra a richiamare il cantato che diventa solo vocalizzi. Si rialzano i toni con la successiva Il velo.

Qui è il basso a fare la differenza e a dominare il brano. L’intro potrebbe essere stato scritto dai Korn. Dopo le prime fasi elettriche, il basso prende il comando dettando l’andamento melodico. A doppiarlo una della chitarre. La seconda ancora su armonici. Di quando in quando accordi pieni sottolineano i passaggi della voce. Il ritornello vede il basso percussivo, un incattivimento della voce e l’arrivo di un coro maschile. La strofa successiva è più acustica. In contrapposizione con il cambio successivo, pieno e distorto. Molto ben orchestrati gli stop and go che aprono su uno special ritmico trascinante. Finale affidato al ritornello.

Arriva Stallo download. Ritmi serrati, chitarre piene. Un brano praticamente metal. Il cantano è molto ritmato. Le chitarre in palm muting creano un notevole muro di suono. Apertura sul ritornello che si fa melodico. La struttura si ripete con alternanza di ritmiche piene, armonici e reprise. Ottimamente diversificato l’utilizzo delle due chitarre che si fanno dissonanti. Raramente si doppiano. Lo special dissonante apre ad un nuovo cambio. Muta anche la ritmica del cantato. Si rallenta. È la rincorsa che porta al solo. Nuovo stop and go per riprendere sul ritornello. Il finale è caratterizzato da un crescendo di intensità sia per gli strumenti sia per la voce. Ritmo incalzante condotto dal rullante e fine.

Balordo è un brano con influenze techno. Il riff portante di chitarra è stoppato, supportato dai suoni di tastiera. Strumento che resta presente nell’evolvere della canzone. Una strumentale di quattro minuti che mostra tutta la perizia dei musicisti. La batteria fa sentire per la prima volta triplette di doppia cassa. Le chitarre sono in perenne movimento. L’andamento si spezza a metà con un rallentamento. Preludio del solo. Un intervento rock, urlato, che alterna passaggi veloci a momenti melodici. Il finale è affidato ai soli suoni di synth. Su lidi più ‘nu metal’ la successiva Eternità oscura.

L’intro richiama gli Evanescence di Bring me to life. Break con le due chitarre che si differenziano nuovamente. Batteria in controtempo. A richiamare la band di Amy Lee è la doppia voce maschile urlata. A metà un cambio radicale. Basso da solo introduce un passaggio ritmico davvero interessante. Quasi post punk. Dissonanze, voce narrante. Il tutto deflagra nel solo. Il basso tiene ferma il riff base. Il duetto voce maschile voce femminile rialza i toni generali. Si corre e si urla fino al finale caratterizzato dalla ripresa dello special. Nuovamente arpeggi hard rock per Clara. Più che hard rock il riferimento potrebbe essere ai System of a down. È un po’ come se la band di Tankjan avesse incontrato i Guns n’ roses.

Nel ritornello la composizione decolla facendosi più rabbiosa. Si placano i toni sulla seconda strofa. Ad ammorbidire i suoni e creare contrasto con quello che avviene successivamente c’è l’accompagnamento dei una chitarra acustica. L’intervento solista è in pieno stile aor. Il ritornello questa volta è caratterizzato da uno stop veloce in cui rimane solo la voce. La struttura circolare fa riemergere l’arpeggio iniziale. Quintessenza inizia con un arpeggio acustico, voce recitata. Con l’ingresso della batteria, su ritmi non lineari, la seconda chitarra torna sugli armonici. Toni pacati, voce melodica. In contrasto con il ritornello, elettrico, potente, ritmico caratterizzato da diversi passaggi pieno vuoto.

Si riprende sul solo arpeggio pulito. Seconda chitarra, basso, batteria e voce rientrano assieme. Molto valido e caratterizzante il lavoro della batteria. Nuovo ritornello. A circa ¾ deciso cambio di passo. Il brano si fa quasi sinfonico. Tastiere, accenti, fraseggi melodici. Il tutto porta ad un’apertura prog anni ’70. Su questa torna la voce recitata che lascia poi spazio ad un intervento solista della chitarra. Finale solo batteria e voce. La Manifestazione inizia con un ritmo rock. Chitarre ancora divise. Una tiene il ritmo base mentre la seconda accentua. Più lineare il ritornello. Incisivo il riff portante. Una semplice nota in pennata alternata ma che dà un andamento molto ritmico.

A sottolinearlo ci pensa la seconda che effettua una strumming muto. Il brano cambia dopo il secondo ritornello. Diventa incalzante, diretto. L’alternanza di pieno vuoto offre una grande base ritmica. Penultimo brano Giungla. Forte connotazione ritmica iniziale che scema con l’ingresso della voce. Il brano si placa. Note dilatate accompagnano un arpeggio pulito. Prima del ritornello il ritmo torna sostenuto. È il basso ad introdurlo prima dello scoppio complessivo. Le due chitarre ancora si differenziano. Una su registri acuti, l’altra sui bassi. Pieno vuoto evidenziano l’armonico artificiale in stile Gibson di una delle due. Si rallenta sulla seconda strofa così come si riaccelera nel refrain che diventa cadenzato.

Special con stop and go differenziano il finale che avviene sul ritornello seguito dallo special ritmico. Chiude il disco Il vaso di Pandora. Ballata semi acustica. Le sei corde viaggiano ancora su binari ben distinti. Una acustica a fornire la base ritmica, la seconda che acentua con interventi saltuari e gli armonici. Batteria e basso sono leggeri cone il contesto richiede. Più che apprezzabile la voce, melodica, struggente, coinvolgente. Il solo di chitarra non rompe le atmosfere, anche se distorto. Note languide, lunghe e acute. Sul termine la voce effettua semplici vocalizzi che lasciano poi spazio all’accompagnamento iniziale.

Concludendo. Non è facile descrivere il lavoro dei Quintessenza. Nella descrizione dei brani sono state lasciate fuori diverse sfumature che rendono solo ascoltandole. Di certo siamo di fronte ad un disco ottimamente strutturato. Il gruppo dimostra di avere le idee ben chiare su cosa vuole ottenere dalla propria musica e sa come ottenerlo. Non ci sono arzigogoli tecnici. Sarebbero stati inutili. La preparazione emerge ad ogni solco. Ascolto dopo ascolto si fanno presenti dettagli sfuggiti nel passaggio precedente. Neppure si può dare un riferimento stilistico univoco. Definire il gruppo alternative metal è riduttivo. Ancora peggio, fuorviante. È rock. Senza confini, senza limiti. Senza paure o compromessi. Bravi.

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