nexus opera

Prima di iniziare questa recensione un doveroso ringraziamento a tutti voi per averci fatto scoprire i Nexus Opera e il loro La guera granda. E la band è fenomenale. Inutile nascondersi dietro un dito. Spesse volte questo genere è ripetitivo e autoreferenziale. I Nexus Opera rompono questo schema inserendo elementi personali notevoli. Già solo questo sarebbe sufficiente ad elevare il lavoro sopra la media. Ma i nostri non si sono accontentati. Il disco è soprattutto coinvolgente, emozionante. Epico nel nel senso più letterale e letterario del termine. Il concept è una narrazione visiva del titolo.

Ascoltandolo ci si può immaginare immersi nella lettura di un libro storico inerente l’argomento. Fin dal primo brano si è immersi nell’atmosfera che deve aver circondato gli uomini chiamati alle armi. Il genere scelto dalla band perfettamente si adatta alla narrazione. Senza per questo essere scontato. Gli elementi caratterizzanti dello stile sono presi come spunto per costruire intrecci sonori complessi, feroci quando necessario, coinvolgenti. Va poi fatto un distinguo tra la base strumentale e la voce. La prima è perfetta. Ritmiche impenetrabili, repentini cambi di passo, perizia tecnica incredibile.

I riff si susseguono con una fluidità degna del miglior progressive. Analizzando gli strumenti. La batteria non è una solitaria cavalcata in doppia cassa inarrestabile. È più come un temporale. Ora con tuoni forti, poi più leggeri, l’attimo dopo percussiva. Una tempesta di cambiamenti. Il basso, dalla sua, non può certo restare indietro pur non seguendo pedissequamente. I due strumenti in diversi frangenti duettano formando un tappeto ondulante. Su questo si poggiano le tastiera che potrebbero essere il cielo plumbeo e il vento del tempesta. Momenti in cui soffia più forte si alternano ad attimi di calma.

Sferzate ritmiche spingono in vanti le nuvole tempestose con turbinii improvvisi. Le chitarre sono i fulmini di questo contesto. Accompagnano i tuoni esplodendo in a solo laceranti. Il cielo viene scosso dall’elettricità delle note. Passaggi velocissimi si scambiano il ruolo con piccole scosse hard rockeggianti. Senza dimenticare i passaggi in cui il vento e i lampi si rincorrono senza tregua. Su tutto ciò le voci, la solista e i cori, perfettamente rappresentano il cammino dei militi, le persone che li vedono passare, gli scontri, le battaglie. Soprattutto fanno vivere i sentimenti che tutti provano.

Menzione al magnifico inserimento della voce femminile. Un spiraglio di sole che si stende su uno scenario apocalittico di sofferenza, di stenti, si sopravvissuti. L’incedere del disco è wagneriano, magniloquente, crudo. Scegliere un brano sugli altri è impossibile. Volendo segnalare quello che più si presenta come un proiettile conficcato in carne viva non si può che citare Dreams fade away. Non è una ballad in senso tradizionale. Il brano parte si lento, dolorante, tuttavia lentamente, come un uomo ferito che si rialza, alza il ritmo. Il nostro soldato lentamente si solleva sul campo di battaglia. È dolorante, sporco di terra e sangue. Si guarda attorno.

Commilitoni feriti, morti, moribondi. Nella mente una sola domanda: perché? Lentamente si incammina tra i corpi stesi. Cerca di aiutare chi si lamenta. Nella mente si fanno vive le parole che lo hanno convinto a prendere parte a quel massacro. Così come la musica sale di intensità, fa anche la rabbia. Il ritmo della canzone non scenderà più fino alla fine. La sola forza capace di mitigare quello stato d’animo è la coscienza di essere vivo e poter aiutare gli altri. Il tutto umanizzato dalla voce femminile.

Medesima disperazione, questa volta portata alla luce dal tempo lento e dal lancinante a solo di chitarra, si respira in Trenches. Questa ha un’evoluzione inversa rispetto Dreams. Inizia ad alta velocità per poi rallentare a circa ¾. Il finale è ancora a pieno ritmo. Molto azzeccato l’urlo del comandante che inneggia alla battaglia guidando la carica. La voce femminile sul finale, solo vocalizzi, racconta come è finita la battaglia. La tempesta di proiettili, sangue, carne macellata e pioggia termina con una strumentale. Perfetta conclusione del disco.

Concludendo. I Nexus Opera sono davvero tra le migliori realtà di questo genere. Anche se rinchiuderli in una definizione li limita e ne sminuisce le capacità. Riuscire a scrivere un disco così complesso, emozionante, intenso, non deve essere stato semplice. La band può tuttavia essere più che felice del risultato finale. Un risultato che rimarrà nella mente e nel cuore di chi lo ascolterà per lungo tempo. Da non perdere.

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