Gli Alberi

Una band che è sempre stata sopra le righe. I torinesi Gli alberi. Il loro ultimo lavoro “Reinhold”.

E’ un concept che racconta la scalata del Nanga Parbat ad opera dei fratelli Reinhold e Günther Messner. Qui terminano le informazioni ‘dirette’. Iniziamo con il dire che scrivere un concept non è cosa semplice. Dalla coerenza dei testi per passare a quella musicale e stilistica, non è cosa poco. I nostri ci sono riusciti, e molto bene. Il disco è effettivamente un ‘racconto in musica’.

Attraverso i testi, tutti i in italiano, si riesce a ripercorre l’intera vicenda. Soprattutto si riescono a percepire, per quanto possibile, le emozioni che i protagonisti hanno condiviso e vissuto. Questo avviene attraverso diversi stili musicali tutti fermamente al servizio della voce e delle parole. La linea rossa, che tiene fermi l’identità e il carattere della band, è una ‘strisciante’ vena dark. Ed è proprio questa che sale e scende.

Di intensità, di volume, di rumore, di complessità. Ora è assordante, ora flebile. Ora al limite del black metal, ora inafferrabile come un sogno. Dark, post rock, punk, black metal, techno thrash Voivod style, c’è tutto. E non c’è nulla di tutto ciò. Nel senso che non c’è un genere predominante. A tenere le redini dei cambiamenti di atmosfere ci pensa la voce di Arianna Prette. È a lei che va il maggiore riconoscimento. La sua ugola è un vero e proprio strumento adattato al momento narrativo in modo azzeccatissimo. In nessun momento ci sono cali o sbavature.

Lei, come gli strumentisti, tocca diversi stili che padroneggia senza alcun problema.

Anche i duetti con lo scream non sono banali, non sono già sentiti. Hanno carattere e non cercano di fare il verso a nessuno. Ma la creatività della band è il vero cardine del disco. Ai generi su citati vanno affiancati canti di montagna, rock, ambient, ma anche teatro, recitazione, interpretazione, narrazione, sperimentazione. Insomma, un mix assolutamente eterogeneo che va a formare una figura musicalmente imponente.

Va sottolineato che non è un disco facile. Non si può lanciare come sottofondo. Almeno all’inizio. È poi un disco coerente con quella che è la filosofia di base della band, da sempre legata a tematiche come ambiente, spiritualità e l’importanza del legame tra umanità e natura. Un disco che necessita di decine di ascolti ma che non perde un grammo di fascino, di potenza.

Il lumicino che lo accompagna negli anfratti oscuri dell’animo umano non si spegne mai.

Non diventa mai una torcia, ma alle volte è così piacevole perdersi nel buio.

Un disco da non lasciarsi scappare. Un disco non per palati troppo delicati.

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