Recensione a cura di Carmine Rubicco

Dopo svariate delusioni, altisonanti disastri e inarrivabili flop, finalmente qualcosa di buono: Wonder Woman, per Warner/Dc Comics. Tra i migliori film in ambito super eroistico e cartomics usciti quest’anno. Tra i migliori perché è una pellicola perfettamente equilibrata sotto tutti i punti di vista ad iniziare dalla storia e dalla sua protagonista per finire con momenti epici e quelli insipidi. Contrariamente a quanto potrebbe far pensare il titolo non è un film esclusivamente al femminile. L’eroina, ottimamente interpretata da Gal Gadot (Diana Adulta), da Emily Carey ( Diana da ragazza), Lilly Aspel (Diana da bambina), c’è ma non è totalizzante. Anzi, per essere completa, data la sua provenienza da un mondo fuori dal tempo e dalla storia, necessità di una controparte che viene trovata nel personaggio di Steve Travor, personificato da Chris Pine. Già questo sarebbe sufficiente  a porre il film su un altro livello rispetto ad altre sceneggiature, non ultima quella dell’ultimo Mad Max. Ma non è tutto. Si tratta sempre di un film sui super eroi il che equivale a dire effetti speciali come se piovesse. Si e no. Ossia, di effetti speciali ne sono presenti a profusione, tuttavia, sempre nell’ottica dell’equilibrio, magistralmente dosati sia in spettacolarità sia in sequenze. In un certo qual modo Wonder Woman fa un po’ da compendio all’evoluzione dell’intervento digitale nei film omaggiando Matrix, passando da Gamer, per finire con Amazing Spiderman, Transformers e Avangers, non certo in questa sequenza.  Anche l’estrema durata della pellicola, ben due ore e venti, è ben dosata. Pur se la prima parte, suddivisibile in un terzo del film, è più didascalica, non risulta mai pesante e noiosa. I rimanenti due terzi sono un escaletion di azione e di crescita sia della protagonista sia del suo alter ego. Come in tutti i film del genere, non può mancare la nemesi dell’eroe o dell’eroina. Pure in questo caso ottimi i colpi di scena che portano al disvelamento della vera identità dell’odiato Ares (il dio che Diana deve uccidere e forse unico punto davvero debole di tutto il film) e del legame esistente tra la protagonista e quest’ultimo. Ci sono altri dettagli che maggiormente evidenzierebbero il riuscitissimo mix ottenuto dalla regista Patty Jenkins, ma svelerebbero momenti topici o aspetti dei personaggi che è giusto lo spettatore goda appieno e senza imbeccate.

In ultima analisi un buon film con un ‘tocco femminile’ non stucchevole ne tantomeno scontato. Una pellicola adatta a chiunque voglia godere due ore di buon cinema con una trama avvincente e dei personaggi degni di questo nome. Certo non un capolavoro di cinematografia mondiale, ma di sicuro un film che si farà ricordare.

Una curiosità: Le location scelte per Themyscira, terra natia di Diana, sono state Castel Del Monte, nei pressi di Andria, in Puglia; Matera, in Basilicata; alcune zone del salernitano, in Campania, tra cui la spiaggia di Marina di Camerota. Su quest’ultima si racconta che la regista sia rimasta così incantata dall’Arco Naturale che avrebbe voluto girare tutte le scene sulla spiaggia situata ai piedi dell’imponente struttura naturale. Altri luoghi protagonisti del film sono Villa Ciambrone a Ravello, i Faraglioni di Baia dei Mergoli di Mattinata e il Pizzomunno di Vieste.

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