body hunter

Ridatemi il mio corpo

Capitolo 23

I blindati si fermano in una stretta radura. Un acquitrino di fango e sassi. Ad attenderli le truppe schierate attorno alla vecchia centrale. Jhons si dirige verso il primo veicolo. Ryoko non aspetta che le ruote di blocchino del tutto. Scende. È impaziente. Va verso il suo ufficiale. “Situazione” esordisce allungando la mano verso Jhons. “Avete visto o sentito qualcosa?”. La pioggia batte con insistenza sulle lamiere degli automezzi. “Nulla fino a questo momento” ribatte il tenente rispondendo al saluto.

“Crediamo che siano già dentro comunque. Le pattuglie stanno perlustrando la zona da quando siamo arrivati e non hanno trovato nessuno. Purtroppo neppure tracce. Se ce ne sono, sono state cancellate da questa maledetta pioggia. Ad ogni modo non abbiamo verificato l’interno dell’edificio. Come ha ordinato la stavamo aspettando”. I due si sono incamminati verso l’ingresso della struttura, bloccato da detriti. “L’unico punto di accesso – spiega Jhons – è quel cancello laterale. Comunque ci sono diverse brecce nel muro di perimetro. Possono essere passati anche da quelle”.

“Bene” commenta Ryoko fermandosi a poca distanza dal cancello indicato. “Organizziamo tre squadre – ordina – una con me entrerà da qui. Le altre due dai lati. Non avranno scampo. Il cerchio gli si stringerà addosso”. I drappelli si preparano. Ryoko guida il primo ad entrare. Le torce sui fucili annusano l’aria come cani da caccia. “Come vi ho detto – sentenzia il comandante alla piccola truppa – non dovete ucciderli. Dobbiamo prenderli vivi. Se ci attaccano, pensiamo a disarmarli. Non credo abbiano proiettili a sufficienza per resistere più di tanto ad uno scontro a fuoco”.

Il drappello si muove lento e circospetto. “Non possono che essere in questa direzione – commenta Jhns – visto che l’altro passaggio è interdetto dai massi”. Ogni stanza del lungo corridoio viene controllata minuziosamente. Nulla da rilevare. “Non ci sono vie di fuga possibili – pensa Ryoko ascoltando l’ennesimo rapporto sull’ennesima stanza controllata – Sono andati avanti. Non ci sono scalinate che portano ai piani superiori. Evidentemente vi si doveva poter accedere solo dall’altra parte. L’unica è arrivare fino in fondo. Mi chiedo se gli è venuto in mente che sono senza scampo”. Le torce degli uomini in uniforme da combattimento illuminano quasi contemporaneamente la porta aperta in fondo alla corsia.

Ryoko osserva in silenzio. “Sembra acqua che scorre” commenta aprendo leggermente il varco. Il fascio di luce emesso dalla sua pila evidenzia un balconcino di metallo cui è collegata una scala che scende. “Il reparto turbine” dice a Jhons. “Entriamo, uno per volta. Attivate gli infrarossi e spegnete le torce – intima agli uomini – Cerchiamo di non fare rumore e di coglierli di sorpresa.

Armi cariche ma mi raccomando, vi ripeto, non uccideteli”. Una voce proveniente dalla trasmittente rompe il silenzio sospeso. “Siamo arrivati nella camera turbine” dice una voce. “Entriamo?”. “Anche per voi stessi ordini – risponde Ryoko – spegnete le torce. Attivate gli infrarossi. Entrate in silenzio. Soprattutto, visto che siete più in alto, diteci se vedete qualcosa. In ogni caso, non sparate per uccidere. Cerchiamo di prenderli vivi”.

Ryoko apre il cammino. Gli occhiali evidenziano bene il passaggio. Sotto di lui, altre tre rampe e il fiume. Davanti le turbine e l’acqua che si getta tra i sassi. Scende la prima rampa di gradini. Sistema due uomini su quella. Prosegue sulla seconda. Si ferma sul ballatoio. Ha appena il tempo di sistemare gli altri uomini quando una voce riecheggia nell’antro. Non appartiene a nessun corpo.

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