arbitri elegantiae

Negli anni, di ricevere brani ispirati al pensiero di un filosofo, fatico a ricordarne. Scritto, personaggi storici, pittori, attori. Ma filosofi, no. Fino a questo momento grazie ai Arbitri Elegantiae. Il pensiero preso in esame è quello del pensatore Epicuro. Nel testo la sua tesi che per vivere bene, l’uomo avrebbe bisogno di poco, cibo ed un rifugio riparato per dormire, viene adattato ai nostri tempi. Si parla di code guidate quando si fa la spesa che ci dicono di comprare per forza.

Di schermi che ci rubano il tempo. Dell’essere umano. E i nostri lo fanno con piglio leggero e cantabile. Nulla di arzigogolato. Anzi, tutto orecchiabile. Un’atmosfera che ben si adatta al testo. In una manciata di minuti viene snocciolata l’essenza della tesi del filosofo. La produzione rende ben merito agli arrangiamenti, praticamente acustici. I nostri non sono nuovi a testi di denuncia del malessere sociale. Anche precedenti singoli sono andati in questa direzione. Così come stilisticamente.

Non urlano mai, pur dicendo cose pesanti. Il lato acustico domina con tanto di fiati e spirito messicaneggiante. Se li volessimo inquadrare potremmo dire che gli Arbitri Elegantiae sono la giusta evoluzione di quello è stato il filone indipendente degli anni ’90. Bandabardò, Gang, Modena city ramblers, giusto per citare qualche nome. Meno ritmati ma altrettanto intensi.

Da ascoltare.

Come sempre un brano non dà elementi per un punto di vista oggettivo ed esauriente. Quello che si può fare è prendere atto della buona strada intrapresa dai nostri e aspettare di ascoltare l’intero disco.

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