Intervista raccolta da Carmine Rubicco

Nove anni di carriera, un disco pubblicato nel 2014, uno di imminente uscita e la voglia irrefrenabile di incendiare i palchi. Questi i Rideout del 2017, validi esponenti della scena heavy rock nostrana e degni eredi dei nomi storici. In questa intervista a Tempi Dispari la cantante Valeria Aina racconta storia e prospettive della band.  

1. La vostra è una lunga carriera che ha portato ad un disco e alla preparazione di un secondo lp, potete riassumerla per chi non vi conosce?

Come tante band, i Rideout sono nati in un garage… da un’idea del nostro bassista Fabio Attacco che ha “adottato” me (Valeria Aina, cantante), nonostante nel 2008 fossi alle prime esperienze come cantante solista. Si è fidato e da allora non ci siamo più lasciati.
Abbiamo cominciato con cover che spaziavano dai classici di Deep Purple e Black Sabbath, fino al metal di Dio, Judas Priest, Saxon….passando anche per il glam di Motley Crue e Vixen… insomma, non ci siamo fatti mancare niente.
Suonare cover ci ha perfezionati a livello tecnico e ci ha aiutato a scoprire le nostre reali influenze, quelle che più calzavano addosso a ciascun componente della band, così abbiamo preso coraggio e abbiamo iniziato a scrivere pezzi. Nel 2014 finalmente abbiamo fatto uscire “Ride the Demon Out“, primo LP autoprodotto contenente 9 inediti.
E’ stata sicuramente una bella soddisfazione e abbiamo da subito avuto voglia di ripetere l’esperienza in studio, quindi abbiamo continuato a scrivere. Tuttavia ci sono stati dei cambi di line up dopo l’uscita del disco che hanno rallentato i nostri progetti, ma ci siamo subito rimessi in pista con una nuova formazione e ora siamo più carichi che mai.
Della formazione del primo album siamo rimasti io e Fabio e dal 2015 sono entrati Andrea Tricarico alla batteria e Andrea GhostDog alla chitarra. Con loro abbiamo trovato nuova energia, nuovi suoni e nuova voglia di suonare insieme. Per questo a dicembre 2016 abbiamo inciso un nuovo EP di 4 pezzi (“Bullet”)…. non stavamo più nella pelle! Non vedevamo l’ora di avere di nuovo per le mani il frutto del nostro lavoro e del nuovo sound che abbiamo creato.

2. Le influenze sono palesi, tuttavia quello che si nota è una decisa evoluzione stilistica. L’heavy rock oggi suona come i Rideout?

Bella domanda…
Penso che in un mondo dove si ha tutta la musica a portata di clic, sia ormai impossibile non cogliere spunti da ogni cosa che ci passa per le orecchie. Chi suona, in primis, ascolta e cattura influenze.
Il punto di forza dei Rideout è il fatto che lasciamo agire indisturbate le nostre influenze musicali, mixandole a seconda di quello che vogliamo comunicare in un pezzo. Siamo comunque tutti con un background rock/metal, chi più classico e melodico, chi più estremo o moderno. Abbiamo trovato il giusto mix, nel senso che ci piace quello che facciamo uscire dalla sala prove.
L’evoluzione è stata quella di non imporsi nessuno schema, di non correre il rischio di molte band che sono fotocopie di altre, solo perché scelgono di identificarsi con un genere in particolare.
Penso che l’hard rock ormai sia stato rigirato in tutte le salse e contaminato in ogni modo: con il rap, con il prog, con le ballate pop, insomma, hanno fatto di tutto.
Mi piace pensare che noi siamo un’altra contaminazione, fatta da persone che non vogliono imporsi nessun clichè, nè di suono, nè di look. Se ci piace che un pezzo suoni più stoner, lo facciamo. Se ci piace una ballata, ci lavoriamo su. Se vogliamo fare casino col doppio pedale, lo facciamo.
Siamo personaggi contorti, vero?
In realtà, tutto questo si può riassumere in “Ci piace così.” 

3. Cosa pensate della nuova scena scena glam/street proveniente dal nord europa, Crash Diet, Crazy Lixx, Santa Cruz, giusto per fare qualche nome? Nuova linfa o ripetizione dei soliti schemi?

Diciamo che non è proprio il genere che non mi fa dormire la notte perché muoio dalla voglia di ascoltarlo… ma ci siamo passati anche noi Rideout (chi più, chi meno) nella fase glam-street. Sono comunque realtà valide, sicuramente lontane da come siamo noi oggi, a 10 anni di distanza dei nostri primi concerti in cui, ogni tanto, il capello cotonato si faceva spavaldo.
Per essere schietta, senza nulla togliere al genere, noi non abbiamo quell’attitudine da un pezzo, qualcuno di noi nemmeno l’ha mai avuta… parlare di sex, drugs e rock’n’roll, leopardarci e sembrare la copia paesana degli Steel Panther, non fa per noi. Siamo rocker di periferia…

4. Il vostro primo disco è del 2014, cosa e come siete cambiati da allora? Ci sono pezzi nel nuovo lp che non avevano trovato spazio nel primo?

Siamo sicuramente più maturi e abbiamo un’idea un po’ più decisa di dove vogliamo andare a parare. I pezzi di “Bullet” sono tutti nuovi di sala prove, scritti interamente con i due Andrea (per fare prima). Qualche idea era rimasta dallo scorso album, ma abbiamo voluto voltare pagina e ricominciare. Ovviamente live proponiamo ancora pezzi di “Ride the Demon Out“, riveduti e corretti per essere più affini al nuovo sound, ma siamo contenti di fare cose nuove perché questa formazione ci piace e sta facendo uscire cose interessanti. Ma soprattutto, ci piace suonare insieme, non è da sottovalutare questa cosa.

5. Nella vostra proposta l’aspetto predominante è il rock. Una domanda marzulliana: il rock è morto, viva il rock oppure il rock non morirà mai?

Come dicevo poco fa, il rock è stato condito con tutte le salse. Secondo me non morirà mai perché magari domani, un tizio troverà l’ennesima contaminazione e si inventerà un altro nome per l’ennesimo sottogenere. Grazie al cielo, dico io. Il rock è la somma di tutto quello che c’è stato prima e la base di quello che si combinerà in futuro.
E’ la dispensa di casa della nonna, ci trovi di tutto e la cosa ti piace.

6. Ogni periodo ha la propria colonna sonora, pensate che al momento attuale ci sia spazio o magari bisogno di rock e di tutto ciò che rappresenta?

Da amante del genere, direi di sì!
C’è sempre voglia di chitarre distorte, di voci graffianti e al tempo stesso di divertirsi. Con tutti i talent, tutta l’invasione mediatica di pubblicità, con youtube e con qualsiasi app buffa nei nostri telefonini…è impossibile non incrociare “il rock”, anche solo come sottofondo. Poi c’è chi lo capisce e lo apprezza e chi no, ma questa è un’altra storia.

7. Per voi la musica è “solo” musica o anche una scelta di vita ben precisa?

Entrambe le cose, anche se nessuno al momento è stipendiato dalla musica, per dirlo brutalmente. Siamo tutti lavoratori che però da sempre trovano automaticamente lo spazio per fare musica, difatti abbiamo quasi tutti anche altre band in cui facciamo cover o altri inediti anche di altri generi. E’ la normalità: svegliarsi, andare a lavoro e andare a suonare… dormire poco, scrivere pezzi, cercare palchi dove suonarli. La routine, insomma.
L’unica che stava riuscendo a “mangiare con la musica”, per poco sono stata io, ma mangiavo molto poco, se devo essere sincera!!! In realtà studio per insegnare canto, è il mio piano B, nel caso il lavoro in fabbrica dovesse andare male.
E’ difficile vivere di sola musica oggi. Chi lo fa o ha un talento universalmente riconosciuto e per questo “lavora”, o ha comunque un bel pelo sullo stomaco e le spalle coperte. Tenere in piedi una band comporta già diverse spese, sia economiche che di tempo… sfatiamo il mito che mentre suoni in una bettola, arriva il talent scout con un contratto in mano. Ormai chi vive di musica, in primis investe parecchio. C’è chi se la sente e chi no. Noi per ora miriamo a fare le cose per bene coi mezzi che abbiamo, puntiamo molto sul nuovo ep e speriamo presto di tornare attivi, anche in termini di bilancio!

8. Cosa è rimasto e cosa manca alla scena italiana?

Se parliamo di underground, la scena non è così male, anche se è difficile da tenere in piedi per i motivi che ho detto prima. Ci sono gruppi molto interessanti con cui abbiamo spesso diviso il palco, quindi la scena undreground è comunque ricca di spunti da seguire su tutto ciò che si può chiamare rock.
Se parliamo di realtà più estese, diciamo che finchè in Italia si continuerà a definire rock duro Ligabue (non me ne vogliano i fan, ma non avete idea di quanto noi poveri metallari dobbiamo lottare per contenderci serate nel locali e sentirci dire “abbiamo già chi fa rock, fanno il tributo al Liga e a Vasco”), ci sarà sempre qualcosa che non torna. Alla scena musicale italiana, manca la curiosità di ascoltare qualcosa che non sia la solita ballata stracciamutande del primo sbarbino che esce da un talent. La gente scopre che esistono i Talking Heads perchè sentono fare Psycho Killer da Mengoni a X Factor. E’ molto triste, se pensiamo che abbiamo in mano degli telefoni più intelligenti di noi che ci fanno ascoltare qualsiasi cosa produca suono nell’universo. Ma in Italia la gente è contenta con Mengoni. (Che poi secondo me canta pure bene alla fine.)

9. Avete una grande esperienza live, in base a questa, perché secondo voi il pubblico italiano ha così tanta difficoltà a recepire musica originale?

Per quanto scritto poco fa. Manca la curiosità, manca il gusto di rischiare e sentire qualcosa di nuovo e di diverso. Non capisco questa paura. Se uno suona bene e ti fa divertire, chissenefrega se sta suonando i Beatles o un pezzo suo. Dovrebbe essere così, ma fuori dall’underground c’è un’ignoranza spaventosa e un timore insensato di ascoltare una canzone che non hai mai sentito, non lo capisco.
Poi sfatiamo un altro mito: non è che tutti quelli che fanno inediti fanno buona musica. C’è anche chi si improvvisa con risultati discutibili, come del resto anche ai più famosi capita di fare un brutto album. Che poi non tutti se ne accorgano perchè gli album dei “big” si comprano a scatola chiusa, è un altro paio di maniche. Un inedito sanremese fa comunque meno paura del disco della band che prova in fondo alla via. E’ un controsenso…ma siamo in Italia.

10. Uscita del nuovo disco, magari tour, e poi…

Il disco è in stampa proprio in questi giorni, un disco per l’estate! I prossimi appuntamenti live saranno l’8 aprile a Valdengo (BI) al Vecchio Mulino in compagnia dei nostri amici Wolfsinger che presentano anche loro un nuovo alum di inediti.
Dopodichè saremo nel bill del Metal Queen Burning Nights, festival dedicato alle band femal fronted, quindi tutte fanciulle alla voce (si farà a Burolo, vicino Ivrea, nel locale La Fontana per tre sabati a maggio, noi siamo di scena il 13).
Aspettiamo conferme per qualche festival estivo, perchè sono le realtà in cui una band che fa inediti può avere più possibilità di promuoversi.
Intanto si scrivono le canzoni nuove…poi si vedrà!

11. Un messaggio per chi vi legge
Supportate l’undeground, troverete sicuramente cose interessanti!

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